Leggete l'articolo seguente, tratto e modificato lievemente dalla newsletter Le Scienze. Mi permetto un consiglio: poiché l'iscrizione a tale newsletter era gratuita, controllate se nulla è cambiato. E se fosse iscriveteVi, aiutati da uno dei genitori.
animali evoluzione
Il vertebrato
più piccolo del mondo e la sua nicchia ecologica
La
minuscola Paedophryne amauensis (Cortesia R. Günther,
F. Kraus, S. Richards)
Si tratta di una rana terrestre: la sua scoperta e il suo studio possono
chiarire il significato evolutivo dell'estrema miniaturizzazione a cui sono
andate incontro alcune specie, un processo che, considerate le
alterazioni anatomo-fisiologiche e la minore fecondità che comporta,
sembrerebbe offrire ben pochi vantaggi (red)
La gamma delle dimensioni dei vertebrati è
incredibilmente elevata, dato che può variare di oltre tremila volte. Il più
grande vertebrato attualmente esistente è la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), che, in età adulta, raggiunge
in media una lunghezza di 25,8 metri. Per contro, quello più piccolo finora
conosciuto era rappresentato da un pesce (Paedocypris progenetica),
le cui dimensioni oscillano fra i 7,9 e i 10,3 millimetri. Quest'ultimo
record è stato però ora battuto da una rana arboricola, Paedophryne amauensis, scoperta in Papua Nuova Guinea e descritta in un articolo, pubblicato
sulla rivista on line "PLoS One", a
prima firma Eric N. Rittmeyer, della Louisiana State
University, a Baton Rouge, le cui dimensioni, da adulta, arrivano ad appena 7,7
millimetri in media. Lo spettro e i limiti delle dimensioni dei vertebrati
sono di grande interesse per i biologi, in relazione ai vincoli funzionali e
fisiologici che sono associati a dimensioni estreme del corpo e alla
comprensione dei vantaggi evolutivi che possono esservi correlate. Un aumento
della taglia può, per esempio, rappresentare una strategia di difesa nei
confronti dei predatori, mentre un suo decremento può consentire di
sopravvivere anche in condizioni di relativa scarsità di risorse, come è
illustrato dal caso dei ben noti antichi elefanti nani della Sicilia.
La "miniaturizzazione"
rappresenta, tuttavia, un caso molto particolare, dato che la riduzione estrema
della dimensione del corpo richiede drastiche alterazioni nella fisiologia dell'organismo,
oltre che nel suo comportamento e nella sua l'ecologia. Fra l'altro, gli
animali miniaturizzati esprimono tipicamente una morfologia semplificata e,
soprattutto, una ridotta fecondità generale, con uova di dimensioni relativamente
maggiori rispetto alle specie affini più grandi, la cui produzione comporta un
costo biologico proporzionalmente maggiore. Dato che diverse specie
miniaturizzate appartengono ad animali marini, si è ipotizzato che la
galleggiabilità potesse avere un ruolo nel facilitare l'evoluzione delle
piccole dimensioni, così come pare lo abbia per quelle all'estremo opposto
della scala. La miniaturizzazione estrema, tuttavia, si è evoluta
indipendentemente almeno undici volte nelle rane terrestri, due delle quali (P. amauensis e P. swiftorum),
descritte, appunto, per la prima volta nell'articolo di "PLoS One". Nel
loro studio i ricercatori hanno quindi identificato una serie di somiglianze
fra le specie di rane più piccole, mostrando come la miniaturizzazione non
rappresenti una semplice anomalia, uno "scherzo" dell'evoluzione,
come è stato anche ipotizzato, ma che, considerata anche la sua manifestazione
in specie ben separate, rappresenti una caratteristica legata allo sfruttamento
di particolari nicchie ecologiche della foresta tropicale umida.
Pressoché tutte queste specie
miniaturizzate abitano la lettiera fogliare della foresta tropicale umida.
Tutte le rane sono sensibili alla perdita di acqua, ma le specie più piccole,
che hanno un alto rapporto superficie volume, sono particolarmente sensibili
alla disidratazione, e prediligono quindi i micro-habitat umidi, quale quello
assicurato da quelle lettiere, e spiega l'assenza di rane molto piccole nelle
foreste temperate e tropicali secche, dove le lettiere diventano stagionalmente
secche. Le piccole dimensioni aumentano, inoltre, il rischio di predazione
da parte di invertebrati, e ciò può spiegare sia l'assenza di questi anuri
dagli habitat acquatici, dove la predazione da parte degli invertebrati è
particolarmente elevata, sia la loro preferenza per le regioni di montagna, in
cui la diversità di invertebrati è inferiore di quella presente nelle pianure.
(12 gennaio 2012)
Nessun commento:
Posta un commento