lunedì 8 aprile 2013

cervello e ballo

Gentilissimi, in particolare, con un saluto a miss Piroetta 3 A, eccoVi un divertente articolo sulle correlazioni tra ballo e cervello. E già mi ritorna in mente il primo ballo. Che emozione! Certo è che la mia capacità di ballo è inversamente proporzionale alla mia età. A Voi decifrare ciò che questa frase significa.
L'articolo è tratto dalla newsletter Le Scienze.
Con la lettura di questo articolo potremmo portare il Vostro blog a quota 2000 visualizzazioni. Speriamo di non fermarci qui. NR


neuroscienze arte emozioni
Nei circuiti cerebrali "riciclati" il nesso universale all'origine del ballo
La rappresentazione mentale delle caratteristiche di una melodia, come altezza, ritmo e timbro, una capacità superiore, che si è sviluppata nell'essere umano in tempi relativamente recenti, sarebbe resa possibile dalla riconversione di alcune reti cerebrali evolutesi, in origine, per un altro scopo: il controllo e l'interpretazione dei movimenti (red)
Perché la musica ci spinge a ballare? Perché l'elaborazione cerebrale delle sonorità musicali e dei movimenti del corpo sono gestiti da circuiti comuni. A questa conclusione è giunto uno studio, condotto da ricercatori del Dartmouth College, ad Hanover, nel New Hampshire, che firmano, in proposito, un articolo, pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.  Il legame fra musica e movimento è riscontrabile in tutte le culture e non riguarda solamente il ballo: ci sono le marce militari, le ninne nanne e via discorrendo. In molte lingue, questo rapporto è indicato anche dai termini utilizzati nel descrivere i brani musicali, quando per esempio si parla di “movimento” o di ritmo in “levare”. A dispetto dell'evidenza di questo nesso, tuttavia, finora vi sono stati pochi tentativi di dare una spiegazione esauriente al fenomeno. I ricercatori diretti da Thalia Wheatley sono partiti dai dati che suffragano come le emozioni espresse in musica possano essere comprese tra culture diverse, nonostante le forti differenze che possono caratterizzarle. D'altra parte, vi sono anche prove che le espressioni facciali, e altri movimenti legati all'espressione dell'emotività, sono universali. Per determinare come siano correlati musica e movimento, i ricercatori hanno quindi progettato un esperimento che sfrutta proprio la capacità di esprimere emozioni come “ponte” fra le due attività. Per verificare poi se questa relazione fosse peculiare della cultura occidentale, hanno coinvolto nell'esperimento due gruppi di soggetti molto differenti: un gruppo di statunitensi e uno di persone appartenenti a un gruppo tribale culturalmente molto isolato, quello degli L'ak, che vive nelle regioni nord-orientali della Cambogia.  Wheatley e colleghi hanno messo a punto un software che, sulla base di un modello statistico, generava da un lato semplici melodie di pianoforte e dall'altro controllava il movimento su uno schermo dell'immagine di una palla che rimbalzava. Nel primo esperimento, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti, 50 studenti universitari statunitensi, di variare la posizione di cursori che controllavano alcuni attributi delle melodie e dei movimenti prodotti, ritmo, regolarità del ritmo, direzione del movimento, rapporto fra movimenti corti e lunghi e consonanza, in modo che questi riflettessero diverse emozioni: "rabbia", "felicità", "tranquillità", "tristezza" e "paura". Gli studenti erano stati suddivisi in due gruppi, il primo che usava i cursori per produrre melodie, il secondo i movimenti della palla. Si è così constatato che, per esprimere una certa emozione, i cursori venivano posizionati nello stesso modo dagli appartenenti a entrambi i gruppi, un risultato che suggerisce che la musica e il movimento potrebbero condividere un sistema di circuiti cerebrali. Successivamente Wheatley e colleghi hanno condotto una versione leggermente modificata dell'esperimento presso i L'ak, ottenendo risultati del tutto sovrapponibili.  Questa concordanza, osservano gli autori, indica il verosimile coinvolgimento di un substrato neuronale comune, indirettamente corroborando l'ipotesi del "riciclaggio neuronale", avanzata da Dehaene e Cohen, secondo cui le abilità culturali più avanzate dell'uomo, come la lettura e aritmetica, si sarebbero sviluppate riconvertendo aree cerebrali evolutesi per compiti più antichi.  “E'  probabile che le rappresentazioni neurali di altezza, ritmo, timbro”, concludono gli autori, “riciclino aree cerebrali evolute per rappresentare e gestire la percezione spazio-temporale e l'azione (movimento, parola). In questa prospettiva, l'espressività della musica può, in ultima analisi, essere derivata dal legame evolutivo tra emozione e capacità dinamiche dell'uomo.”.
(19 dicembre 2012)

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