Medicina
Uno studio sui topi
Un buon caffè contro
l'Alzheimer
Nei roditori, la somministrazione regolare di caffeina ha
portato alla riduzione dei livelli ematici e cerebrali della proteina beta
amiloide
La
caffeina è in grado di ridurre in modo significativo i livelli ematici e
cerebrali di una proteina, la beta amiloide, notoriamente molto elevati nella
malattia di Alzheimer. Questo effetto, e un parallelo miglioramento dei
sintomi, è stato dimostrato nei topi da un gruppo di ricercatori della University of South Florida che illustra
la propria ricerca in due articoli pubblicati sul "Journal of Alzheimer's Disease". I
ricercatori, diretti in entrambi gli studi da Huntington Potter, avevano
iniziato a interessarsi ai possibili effetti benefici della caffeina dopo che,
alcuni anni fa, uno studio portoghese aveva riportato che i pazienti affetti da
Alzheimer in genere avevano consumato meno caffeina nel corso dei due decenni
precedenti rispetto ai soggetti che non soffrivano della malattia
neurodegenerativa. Da allora diversi studi non controllati avevano suggerito
che un moderato consumo di caffeina potesse rallentare il declino della
memoria durante l'invecchiamento. In
questo nuovo studio controllato, basato sull'uso di topi geneticamente
modificati in modo da sviluppare deficit mnemonici simili a quelli che si
riscontrano nell'Alzheimer, è stato invece possibile isolare gli effetti della
caffeina sulla memoria, distinguendoli da quelli legati ad altri stili di vita,
come la dieta e l'attività fisica. I test avevano mostrato che all'età di 18-19
mesi - corrispondenti a circa 70 anni nell'essere umano - questi topi
mostravano segni di deficit di memoria. A metà di essi i ricercatori hanno così
iniziato a somministrare caffeina a un dosaggio equivalente di 500 mg al giorno
(una tazzina di caffè ne contiene 100-120 mg e una tazza di tè 70-90 mg). Dopo
due mesi i topi a cui era stata somministrata caffeina eseguivano molto meglio
i test per la valutazione della memoria e il pensiero associativo: di fatto le
prestazioni mnemoniche non si discostavano significativamente da quelle dei
topi normali di pari età. I topi trattati con placebo continuavano a mostrare
invece prestazioni scarse. Il cervello
dei topi trattati mostrava inoltre una riduzione del 50 per cento nei livelli
di proteina beta amiloide. Secondo i ricercatori, la caffeina contrasterebbe i
processi infiammatori che nel cervello portano a una sovrapproduzione di
proteina beta amiloide. "Queste nuove scoperte forniscono prove che la
caffeina potrebbe rappresentare un 'trattamento' per la malattia di Alzheimer e
non solo una strategia preventiva", ha detto Gary Arendash, primo
firmatario di uno dei due articoli, spiegando che al momento non è dato sapere
se dosaggi inferiori ai 500 mg al giorno siano in grado di esercitare un
effetto analogo o meno. Questo, osservano i ricercatori, apre la
possibilità di studi in questa direzione anche sull'uomo, considerato che, a
esclusione di particolari categorie di persone, come ipertesi e donne in
gestazione, un'assunzione moderata di caffeina di questo tipo non dovrebbe
comportare effetti negativi, secondo il National Research Council della
National Academy of Sciences. (gg)
(06
luglio 2009)
Nessun commento:
Posta un commento