mercoledì 17 aprile 2013

una qualità "nonnistica" per le verifiche

Gentilissimi, ecco un articolo di approfondimento sul funzionamento cerebrale. Già i nostri nonni ci dicevano che "presto e bene non vanno insieme". Pure la scienza, ora, conferma quanto da tempo gli insegnanti sostengono: non è possibile sostenere con la dovuta precisione un compito che abbia poco tempo a disposizione per l'esecuzione.
Per valutare se una verifica, o compito in classe, sia o meno "adatta" alla classe, le nonne devono tener conto non solo della accuratezza delle risposte, ma anche del tempo impiegato per rispondere con precisione, in altri termini della velocità di risposta.
Se si vuole che l'alunno risponda con la dovuta accuratezza la verifica non dovrebbe contenere un eccessivo numero di domande aperte. Se si vuole "sondare" se l'alunno ha "studiato bene", quattro o cinque domande aperte ("Parlami del sistema solare") sono più che sufficienti. Se si vuole conoscere invece "quanto ha studiato", oppure se "ha studiato tutto", sono maggiormente utili domande a risposta multipla, o "pseudo-multipla", magari riprendendo la modalità delle prove INVALSI, con una richiesta, che dovrebbe essere breve, e quattro possibili opzioni, di cui una sola corretta. In questo caso le quattro opzioni potrebbero essere: risposta palesemente errata; risposta quasi errata; risposta quasi corretta; risposta corretta. Ovviamente non necessariamente nell'ordine.
Si tratta, evidentemente, di opinioni personali, supportate solo da una vecchiaia incipiente.
L'articolo è tratto, e modificato, dalla newsletter Le Scienze. NR


comportamento neuroscienze
Fretta vs accuratezza: come cambia l'attivazione cerebrale
Il cervello, e in particolare la corteccia prefrontale, cambia modalità di attivazione quando passa da una situazione in cui occorre prendere una decisione accurata e ponderata a una in cui è necessario decidere rapidamente. È quanto emerso da uno studio sulle scimmie, i cui risultati contraddicono il modello attuale, che prevede un'unica modalità di funzionamento del cervello, in questo tipo di processo decisionale (red)
Quando si tratta di prendere decisioni con rapidità, il cervello passa a una modalità di funzionamento diversa rispetto a quella all'opera nel caso di decisioni ponderate e accurate. Lo hanno dimostrato Richard Heitz e Jeffrey Schall, della Vanderbilt University, con una ricerca pubblicata su "Neuron", che smentisce il modello di riferimento attuale dell'attività del cervello in questo tipo di processo decisionale. Il compromesso tra velocità e accuratezza è un problema essenziale per la capacità di prendere decisioni, ed è stato studiato sia nel campo del comportamento sia in termini di funzionamento cerebrale, fino all'elaborazione di un semplice modello, secondo il quale il cervello usa, essenzialmente, la stessa modalità per decidere in modo ponderato oppure in modo rapido. Secondo questo modello, per ridurre il tempo dedicato a un processo decisionale semplicemente il cervello riduce l'attività neuronale richiesta prima di prendere una decisione. Questo implica che, nel caso di scelte istantanee, il cervello si basi su una quantità di informazione minore rispetto a quella che entra in gioco nelle scelte più ponderate e accurate. Come conseguenza, quindi, aumenta la probabilità di commettere un errore. Tuttavia, prima dello studio di Heitz e Schall, l'analisi del processo decisionale non era mai arrivata a livello di singoli neuroni. Infatti, sebbene siano disponibili test con cui indurre in soggetti il passaggio da una modalità di funzionamento all'altra, i metodi di misurazione dell'attività cerebrale umana non hanno la velocità o la risoluzione necessaria. Nel caso delle scimmie, invece, sono disponibili adeguate tecniche di misurazione, ma non era noto un metodo con cui far cambiare agli animali la velocità di una decisione. La svolta è arrivata con lo sviluppo, da parte di Heitz e Schall, di un metodo con cui addestrare le scimmie a passare da una decisione lenta e accurata a una rapida, scegliendo uno degli oggetti di un gruppo visualizzati al computer. In una condizione sperimentale, le scimmie hanno imparato che solo una decisione ponderata sarebbe stata ricompensata. In un'altra, hanno imparato che la decisione andava presa in fretta, anche commettendo qualche errore. In entrambi i casi, i ricercatori hanno monitorato l'attività di singoli neuroni nella corteccia prefrontale, l'area cerebrale deputata ai processi cognitivi di ordine superiore. Dai dati è emerso che, in tutte e due le condizioni sperimentali, inizialmente l'attività della corteccia prefrontale aumentava, mentre la scimmia decideva come rispondere, ovvero subito dopo la visualizzazione degli oggetti su uno schermo. Le differenze emergevano successivamente: quando l'animale era sottoposto a uno “stress di rapidità", l'attività neurale era amplificata; quando invece le condizioni erano di “stress di accuratezza”, la stessa attività era soppressa. Tutto questo ha permesso di concludere che “una stessa informazione è stata analizzata dal cervello in modi differenti nelle due situazioni di stress”, ha sottolineato Schall. Si tratta di un risultato inatteso, che smentisce l'attuale modello dei processi decisionali, usato anche nella descrizione di disturbi psichiatrici e neurologici. Si apre quindi un conflitto, tra differenti modelli di funzionamento cerebrale, che potrà essere risolto solo con successive ricerche.
(08 novembre 2012)

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