mercoledì 27 febbraio 2013

Scienza e Bibbia - un autore

Gentilissimi 3 A, Vi lascio un link relativo a quanto disse uno scienziato sul rapporto tra Astronomia e Bibbia. L'autore è Paul Davies. Sebbene un poco difficile, Vi consiglio, inoltre, il libro di J. POLKINGHORNE "Scienza e fede". Vi ricordo che non solo la Bibbia, ma molte altre culture cercano una soluzione al problema di come si sia formato l'universo e il mondo. Sostanzialmente possiamo suddividere tali ipotesi in due: o l'universo è sempre esistito, oppure ha avuto un inizio. A questo secondo gruppo appartengono sia il modello del "Big bang", sia il libro della Genesi, oltre a molti altri libri, racconti, leggende, storie a carattere religioso o mitico.

Scienza e fede: una opinione

Quale tra le due concezioni sia "vera" non è compito della Scienza. Il criterio di falsificabilità, infatti, dice che la scienza deve essere verificabile, per poter essere scienza. Semplificando, possiamo dire che una qualsiasi ipotesi scientifica, al più, può essere verificata per un grande numero di esperimenti e osservazioni. E' sufficiente, tuttavia, un solo esperimento che la smentisca affinché tale ipotesi debba essere o modificata oppure cambiata. Questo comporta che nessuna teoria o ipotesi scientifica sarà mai vera al 100%. In altre parole, nessuna scienza avrà mai dogmi. Il problema è complicato e affascinante. NR

approfondimento - parto e larghezza del bacino

Gentilissimi 3 A, Vi lascio un articolo di K. Wong su alcune ipotesi relative al parto nell'uomo. A me è sembrato interessante. Sappiatemi dire. Una nonna dal bacino largo. Per vecchiaia, cosa credete! Nonna Rosa


evoluzione biologia dello sviluppo antropologia riproduzione bambini
Perché i neonati umani sono così indifesi di Kate Wong
Nascere in una fase precoce dello sviluppo forse non è il frutto dell'evoluzione concomitante di un cervello di grandi dimensioni e della locomozione bipede, ma la risposta a un'eccessiva domanda metabolica del feto. Questa precocità potrebbe comunque servire a ottimizzare le possibilità di sviluppo neuronale, cognitivo e motorio 
Quando i neonati dell’essere umano si affacciano al mondo, dipendono in tutto da chi si prende cura di loro. Anche i neonati di altre specie di primati hanno bisogno di essere accuditi, ma quelli umani sono particolarmente indifesi, perché i loro cervelli sono poco sviluppati. Per raggiungere una fase di sviluppo neurologico e cognitivo paragonabile a quella di un neonato di scimpanzé, un feto umano avrebbe bisogno da 18 a 21 mesi di gestazione invece di nove. Gli antropologi hanno a lungo attribuito alle dimensioni del bacino il limitato periodo di gestazione dell’uomo, ma una nuova ricerca potrebbe mettere in discussione questo punto di vista. La spiegazione tradizionale dei nove mesi di gestazione e della nascita di neonati indifesi è che la selezione naturale avrebbe favorito il parto in una fase iniziale dello sviluppo fetale, per conciliare le selezione di un cervello di grandi dimensioni con la selezione della locomozione in postura verticale, caratteristiche che definiscono entrambe la stirpe umana.
Un feto umano intorno alla 39° settimana di gravidanza, già in posizione per il parto 
© Nucleus Medical Media/Visuals Unlimited/Corbis
In questa prospettiva, l’adattamento al bipedismo avrebbe limitato la larghezza del canale del parto e, di conseguenza, le dimensioni del bambino che può passare attraverso di esso: i neonati umani nascono quando le dimensioni del loro cervello sono meno del 30 per cento di quelle del cervello adulto. Lo sviluppo continua poi al di fuori del grembo materno, portando quasi al raddoppio delle dimensioni del cervello nel primo anno. Ma quando Holly M. Dunsworth, dell'Università di Rhode Island, e colleghi hanno testato la cosiddetta ipotesi del dilemma ostetrico, i loro risultati non corrispondevano. Per esempio, l'ipotesi prevede che, poiché il bacino femminile è più ampio di quello maschile, camminare e correre dovrebbe richiedere più energia alle donne che agli uomini. Tuttavia, la maggior parte degli studi sulla meccanica e sul dispendio energetico della locomozione, in uomini e  donne, non ha trovato svantaggi legati all’avere un bacino più largo. Inoltre, per accogliere un bambino in una fase di sviluppo cerebrale simile a quello dello scimpanzé, cioè con un cervello pari al 40 per cento delle dimensioni di quello adulto (640 centimetri cubici), l'ingresso pelvico (la parte superiore del canale del parto, che è la più stretta) avrebbe dovuto ampliarsi in media di tre centimetri. Alcune donne di oggi hanno un ingresso pelvico di quelle dimensioni e non mostrano alcun effetto misurabile sul costo della locomozione. Secondo i ricercatori, l’espansione del cervello del feto non sarebbe stata limitata dalle dimensioni del bacino materno ma da qualche altro fattore. Questo fattore, sostengono la Dunsworth e colleghi, è il tasso metabolico della mamma. "Per la madre la gestazione è un pesante fardello metabolico (misurato in calorie consumate)", spiegano. I dati relativi a una vasta gamma di mammiferi suggeriscono che ci sia un limite a quanto un feto possa crescere e diventare energeticamente dispendioso prima di uscire dal grembo materno. Una volta al di fuori del grembo, la crescita del bambino rallenta a un tasso più sostenibile per la madre. Sulla base di un'idea, nota come ipotesi del crossover metabolico, già avanzata da Peter T. Ellison, dell'Università di Harvard, coautore anche di questo studio, il team di ricerca ipotizza che "i vincoli energetici della madre e del feto sono i determinanti principali della lunghezza della gestazione e della crescita fetale negli esseri umani e tra i mammiferi.”. Dopo nove mesi o giù di lì, le esigenze metaboliche di un feto umano minacciano di superare la capacità della madre di soddisfare sia il proprio fabbisogno energetico sia quello del bambino, e quindi avviene il parto. Nella loro relazione, pubblicata online dai “Proceedings of the National Academy of Sciences”, Dunsworth e collaboratori concludono che "se il sistema riproduttivo umano pone un dilemma tra esigenze concorrenti, sono il fabbisogno energetico del feto e l'approvvigionamento energetico materno a essere in gioco, più che l'espansione del cervello e il bipedismo.”.  Quando ho chiesto a Karen Rosenberg, paleoantropologa dell'Università del Delaware ed esperta di evoluzione della nascita umana, che cosa pensava del nuovo lavoro, lo ha definito "importante e interessante." Ma, ha osservato, "il solo fatto che ci sia un momento metabolico in cui diventa ragionevole avere un bambino non significa che non sia anche vero che il bacino sia un compromesso tra momento del parto e bipedismo.". Se si considera quanto sia difficile la nascita umana, viene da pensare che, se il bacino potesse essere più grande senza compromettere la locomozione, allora lo sarebbe. Ma così non è, osserva la Rosenberg: "Continuo a ritenere che il bacino sia adattato a funzioni che consentono di selezionare in direzioni opposte.". La Rosenberg osserva, inoltre, che gli autori citano la possibilità che il momento della nascita di fatto ottimizzi lo sviluppo neuronale, cognitivo e motorio. Questa idea, avanzata per la prima volta nel 1960 dallo zoologo svizzero Adolf Portman, vale la pena di essere approfondita, dice la Rosenberg: "Forse i neonati umani sono adattati per assorbire tutto questo materiale culturale e, forse, nascere prima permette di farlo. Forse, se sei un animale culturale, è meglio nascere prima.".
 (La versione originale di questo articolo è apparsa su scientificamerican.com il 28 agosto 2012. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
(03 settembre 2012)

sabato 23 febbraio 2013

la mela

Gentilissimi 1 A, ecco cosa succede quando si parla di frutta. Se parliamo di una mela è molto facile che, agli ascoltatori poco attenti, sembri di comprendere bene di cosa si tratti. Del resto la mela è un frutto. Ma quale, veramente, è il frutto? Sembrerà strano ma il frutto è il torsolo. Provate, da soli, a cercare di comprendere a cosa serve un frutto. La definizione non è così semplice. MuniteVi di un buon vocabolario, cercate su Wikipedia, chiedete ai genitori: ogni fonte Vi darà una risposta differente.
Quanto sembra di conoscere in modo immediato, con la scienza, a volte, si complica. Cosa hanno in comune Adamo e il sindaco di New York? E Newton con Biancaneve? Ercole e Steve Jobs? Branduardi e la Marceau? Se ancora non avete compreso, rileggeteVi il titolo del post.
Ed ora i vincitori del concorso "Collega i concetti":
al primo posto, a pari merito, si sono classificati, con 7 punti, Cerchietto atletico e Bersaglio per Occhiali. A loro i miei e Vostri complimenti. Non male, veramente!
Provate Voi a collegare, senza ricerca su Internet e senza alcun ausilio o suggerimento, in cinque minuti, il maggior numero di animali, mestieri, persone, personaggi relativi al concetto di "insalata".
NR

mercoledì 20 febbraio 2013

un link per l'entropia

Gentilissimi, possiamo dire, semplificando, che l'entropia, indicata con S, è una misura dello stato di disordine di un sistema. In altre parole, se non intervengono forze esterne, o se non vi sono apporti di energia dall'esterno, in quel sistema la tendenza è all'aumento del disordine complessivo. Ossia, in un sistema chiuso l'entropia aumenta.
Ecco il link di Wikipedia. Le formule sono un poco complicate. Leggete con maggior attenzione la parte riguardante il secondo principio della termodinamica. Le figure sono esplicative e corrette. NR
entropia

Anche nella Bibbia è riportata una forma poetica di definizione di entropia, laddove si dice, all'incirca, i monti saranno spianati e i mari colmati, o frase simile. Se, per caso, qualche studioso conoscesse la citazione esatta, cortesemente la invii, magari come commento.
Il problema del rapporto tra scienza e fede è, sin dai tempi di Galileo, parte della cultura moderna. Se pensate sia utile, ne riparleremo. Nonna Rosa

il gatto di Schrodinger

Gentilissimi, Vi rimando al link relativo al paradosso del gatto di Schrodinger:

il gatto per Wiki

Rileggete attentamente pure il paragrafo sul paradosso nella cultura popolare, troverete cenni e curiosità molto interessanti. E, poiché, sino all'osservazione, il gatto è sia vivo sia morto, si presenta il problema del gatto assassino, di cui Vi mostro l'immagine che circola in rete. La relativa taglia è di circa 1350 croccantini. NR, the bounty killer




studio onde-campi-forze-energia

Gentilissimi 3 A, ecco alcune pagine da studiare come introduzione all'astronomia:
vol A): pagg. 183 - 184 - 192 - 193 - 202 - 203 - 204 - 208 - 211(leggere) - 228 - 232 - 233 - 248 - 249 - 250 - 251 - 253 + appunti
vol. D): pagg. 108 - 109 - 181 + appunti

Se vi sono domande o richieste di chiarimento, inviate commenti sul blog. NR

martedì 19 febbraio 2013

ancora un approfondimento sul tatto

Gentilissimi, ecco, per Voi 3 A, un ulteriore approfondimento sul tatto. Come sempre il testo è stato parzialmente modificato e riveduto dalla newsletter Le Scienze.


fisiologia neuroscienze percezione
Dalla pelle al cervello, la finissima sensibilità del tatto
Grazie alla elevata sensibilità del tatto sappiamo subito se ciò che ci sfiora è una morbida mano, una ruvida stoffa o qualcosa di ancor più duro e rigido. Per la prima volta una ricerca è riuscita a definire l'organizzazione dei neuroni che innervano la pelle e che consente a questo senso di mostrare una finissima capacità discriminatoria. Alla base, il fatto che ogni tipo di follicolo pilifero funziona come un organo sensoriale distinto, sintonizzato per registrare differenti tipi di tocco. Lo studio, tuttavia, è stato effettuato sulla pelle dotata di peli dei topi, e non è ancora chiaro se il modello sia immediatamente applicabile agli esseri umani (red)
Rispetto ad altri sensi, gli scienziati non sanno molto sul modo in cui la nostra pelle è "cablata" dal sistema nervoso per consentirci la raffinata percezione tattile di cui godiamo. Ora, una ricerca, condotta presso la Johns Hopkins University School of Medicine, con la collaborazione dello Howard Hughes Medical Institute, e pubblicata sula rivista "Cell", fornisce un primo quadro del modo in cui sono organizzati i neuroni specializzati nella percezione di un tocco leggero, quale quello prodotto da un movimento delicato o da una vibrazione. Come sono organizzati, cioè, almeno in una pelle dotata di peli. I ricercatori hanno studiato infatti la sensibilità al tocco della pelle pelosa dei topi, osservando, nei neuroni che la innervano, schemi molto ordinati, che indicano che ogni tipo di follicolo pilifero funziona come un organo sensoriale distinto, ciascuno sintonizzato per la registrazione di differenti tipi di tocco. Ogni follicolo pilifero invia una proiezione che si unisce a quelle degli altri follicoli per raggiungere il midollo spinale, dove queste informazioni possono essere integrate per dar vita agli impulsi inviati al cervello. "Ora possiamo cominciare ad apprezzare come questi follicoli piliferi, e i neuroni a essi associati, sono organizzati uno rispetto all'altro. La conoscenza di questa organizzazione ci permette di riflettere sul modo in cui le informazioni meccano-sensoriali sono integrate ed elaborate per la percezione del tatto", osserva David Ginty, che ha diretto lo studio. E' questa rete di neuroni che ci permette di percepire differenze importanti nel nostro ambiente: una goccia di pioggia da una zanzara, un tocco morbido di un dito da quello rigido di una bacchetta. I topi possiedono diversi tipi di follicoli piliferi, tre dei quali, in particolare, sono caratteristici dei peli del mantello. Per arrivare a classificare le differenti popolazioni di strutture di percezione pilifera, i ricercatori hanno dovuto sviluppare particolari tecniche, che hanno portato a distinguerle sulla base dei cosiddetti meccano-recettori a bassa soglia (LTMRs), che, prima d'ora, non era mai stato possibile osservare allo stato naturale. Questi neuroni sono particolarmente difficili da studiare anche perché si estendono dal midollo spinale fino alla pelle: le sensazioni che percepiamo alla punta dei dita dei piedi dipendono da cellule nervose lunghe più di un metro. Le immagini hanno mostrano qualcosa di inaspettato: ogni tipo di follicolo pilifero comprende una differente combinazione di terminazioni meccano-sensoriali. Inoltre, nella pelle del topo, i follicoli sensoriali sono anche organizzati secondo un modello ripetitivo standard. Uno di questi tre tipi di LTMR, osserva Ginty, risulta essere strettamente in connessione con la stimolazione dei "circuiti della ricompensa", che fanno del tocco leggero, ossia delle carezze, un'esperienza gratificante.  I neuroni che si trovano in follicoli piliferi adiacenti si allungano fino alla parte del midollo spinale che riceve gli input sensoriali, formando strette colonne. Secondo i ricercatori, è verosimile che nel midollo spinale ci siano migliaia di simili colonne, che raccolgono gli input provenienti da ciascuna regione della pelle, suddivisa in raggruppamenti corrispondenti a un centinaio di peli. Naturalmente, osservano i ricercatori, per quanto ci riguarda, non abbiamo un mantello simile a quello dei topi e non è ancora chiaro se alcuni di questi neuroni meccano-sensoriali dipendano proprio e solo dai peli per ricevere le sensazioni. In tal caso la trasposizione dei risultati dal modello animale alla nostra specie non sarebbe banale.  Un altro aspetto che richiede ulteriori approfondimenti è l'eventuale esistenza di una rete di connessioni intermedie fra questi neuroni che ne moduli il contributo, in analogia a quanto fanno, nella retina, i circuiti intra-retinici che si interpongono fra fotorecettori e nervo ottico. Infine, ancora tutto da esplorare è anche il modo in cui vengono integrate queste informazioni a livello di midollo spinale e cerebrale per dare origine alle percezioni. Per chiarire questi punti i ricercatori intendono ora analizzare ciascun sottotipo di LTMR a livello genetico, attivandone, disattivandone o alterando i geni salienti, per osservare che cosa succeda a livello cerebrale e comportamentale. 
(22 dicembre 2011)

Nonna Rosa

lunedì 18 febbraio 2013

uno schema per relazioni relative ad esperimenti

Gentilissimi, dopo aver cercato di chiarire come si opera per svolgere una relazione scientifica compilativa con tema "sostanze stupefacenti", ecco un, a mio avviso, efficace schema per relazioni relative ad esperimenti:

AUTORE
ANNO
TITOLO
INTRODUZIONE
SUMMARY
MATERIALI
IMMAGINI O DISEGNO
DIDASCALIE
PROCEDIMENTO
OSSERVAZIONE/DESCRIZIONE
IPOTESI
TEORIA/LEGGE/MODELLO
DATI E/O GRAFICO
UNITA’ DI MISURA
ANALISI DATI
TERMINOLOGIA O GLOSSARIO
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA 

Per alcune di queste voci, fate riferimento a quanto detto in post precedenti. Potete, se pensate sia utile, inserire immagini e didascalie prima dei materiali usati per l'esperimento in questione. Per l'ipotesi, chiarite quale aspetto di una teoria o modello, quell'esperimento vuole dimostrare o confutare. Riassumete i punti essenziali di questa teoria. Rappresentate i dati trovati in tabella, grafico o schema. Inserite sempre le caratteristiche degli strumenti usati, mettete sempre le unità di misura. In base ai dati e alle osservazioni effettuate, analizzate la Vostra ipotesi. Spiegate, durante la relazione, i termini non di uso comune; potete pure scriverli come glossario, prima o dopo le conclusioni. Inserite la Bibliografia. NR

venerdì 15 febbraio 2013

mud cracks

Gentilissimi, scusate il ritardo. Finalmente, dopo alcuni giorni possiamo parlare della terza ipotesi sull'origine della vita. Indichiamo, semplificando, questa ipotesi come "ipotesi inorganica".
Partiamo dal luogo in cui, secondo alcuni scienziati, si sono potute verificare le condizioni per la formazione di cellule: si tratta di spiagge basse e fangose, come quelle di delta digitati, oppure di piane di marea. In bassa marea, tali spiagge si trasformano in strutture poligonali. Per ora eccoVi due immagini relativa alle crepe che si formano quando la spiaggia si secca:



Osservate attentamente la forma poligonale: sembrano strutture artificiali. Ma così non è! NR


giovedì 14 febbraio 2013

QI e sostanze stupefacenti

Gentilissimi, ecco, di nuovo, un approfondimento significativo relativo alle sostanze stupefacenti.
E' tratto dalla newsletter di Le Scienze, come sempre lievemente modificato per esigenze di semplicità e comprensione. Buona lettura!


dipendenze neuroscienze
Consumare cannabis fin da ragazzi fa diminuire il QI
Adolescenza e abuso di cannabis: gli autori dello studio auspicano una maggiore attenzione ai problemi connessi alle droghe 
Un nuovo studio ha misurato le prestazioni cognitive di un migliaio di persone, dai 13 ai 38 anni, valutando possibili correlazioni con l'abuso di sostanze: i dati dimostrano che i forti consumatori di cannabis fin dall'adolescenza hanno un calo del quoziente d'intelligenza di otto punti, e che l'interruzione dell'abuso non sembra determinare un pieno recupero delle funzioni neuropsicologiche. (red)
Otto punti in meno nel QI: è il calo delle prestazioni intellettive che può colpire chi consuma cannabis a lungo e fin dall'adolescenza, secondo un nuovo studio, pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”, a firma di Madeline Meier, della Duke University, di Durham, nel North Carolina, e colleghi. Varie ricerche hanno cercato di valutare la possibile correlazione tra il consumo a lungo termine di cannabis e l'insorgenza di problemi neuropsicologici. La maggior parte di esse ha confermato l'effetto negativo della sostanza, mentre non sono univoci i risultati sulla possibile persistenza dei danni dopo il periodo di intossicazione acuta. In quest'ultimo lavoro, gli autori hanno condotto un'analisi mirata dei dati, raccolti, in quasi 30 anni, dal Dunedin Longitudinal Study, che valuta periodicamente il quoziente di intelligenza e altri indici neuropsicologici di 1037 neozelandesi, nati negli anni 1972 e 1973, seguiti fino all'età di 38 anni. Per tutto il periodo dello studio, sono stati monitorati anche i comportamenti e le abitudini dei soggetti, tra cui appunto l'abuso di sostanze. La lunghezza dello studio ha consentito, quindi, di confrontare i parametri cognitivi nella prima adolescenza (la prima valutazione è stata effettuata a 13 anni) e nelle età successive, rilevando che il QI tende a diminuire, ma con notevoli differenze, correlate agli stili di vita. In chi non ha mai fatto uso di cannabis il calo è, in media, di un solo punto, ma arriva a circa otto punti nei più accaniti consumatori di cannabis che hanno iniziato a fumare in adolescenza.  La scoperta è ancora più significativa se si tiene conto che i ricercatori hanno controllato i fattori che avrebbero potuto confondere i dati, tra cui il livello di istruzione, l'abuso di altre sostanze, o l'insorgenza di patologie psichiatriche, come la schizofrenia. Inoltre, a carico dei soggetti con il maggior consumo di cannabis, i ricercatori riportano altri problemi cognitivi, come la difficoltà di concentrazione. Infine, l'interruzione dell'abuso non sembra portare a un pieno recupero delle funzioni neuropsicologiche. I risultati, concludono i ricercatori, dovrebbero indurre a una maggior attenzione ai problemi connessi al fumo di hashish e marijuana, soprattutto quando esso inizia nell'adolescenza, un periodo assai delicato per lo sviluppo neurofisiologico e, quindi, anche per le funzioni cognitive.
(04 settembre 2012)

Una nonna che, già, lo sapeva! NR

il cratere Bernini

Gentilissimi, in fine, e, speriamo, per ora, abbiamo raggiunto la fantastica quota di n° 2 followers. Per festeggiare il secondo "inseguitore", eccoVi un link scientifico ad hoc:

cratere Bernini

E grazie mille! NR
Gentilissimi 1 A, un gentile signore mi ha chiesto ulteriori informazioni sul fiume Mississippi. EccoVi il relativo link su Wikipedia. Fatene buon uso:

Mississippi

Nonna Rosa

scottature della pelle e danni al RNA

Gentilissimi, ho trovato interessante questo articolo tratto dalla newsletter di Le Scienze. Come sempre è stato parzialmente modificato, al fine di renderlo maggiormente leggibile e comprensibile. Non preoccupateVi, il termine "murino" fa riferimento ai topi e non alle murene. "Murino" e "muscolo" derivano dal latino mus, muris, ossia "topo". E mi perdonino i latini se ho sbagliato la declinazione. NR


biologia medicina epidemiologia
Un danno all'RNA per chi si scotta al Sole
Uno studio su cellule epiteliali, umane e di topo, ha permesso di chiarire che cosa avviene in seguito all'esposizione a una dose eccessiva di radiazione solare. Il meccanismo biologico della scottatura, ovvero arrossamento, dolore e risposta immunitaria, è una conseguenza del danneggiamento del micro-RNA non codificante, provocato dai raggi ultravioletti. In particolare, l'infiammazione ha, come obiettivo, la rimozione delle cellule in cui è danneggiato il micro-RNA. La scoperta potrebbe aprire nuove prospettive terapeutiche (red)
Per molti di noi l'abbronzatura è un rito che si ripete tutti gli anni, con l'esposizione al sole nelle giornate di vacanza estive. Ma spesso l'esito non è quello desiderato: la pelle si arrossa, può irritarsi fino a squamarsi o a formare delle bolle. Ma che cosa avviene nella pelle, a livello biologico, con la "scottatura"? Lo spiega un gruppo di ricercatori, in un articolo pubblicato su “Nature Medicine”. Lo studio, condotto su cellule epiteliali sia umane sia di topo, firmato da un gruppo di ricercatori della Facoltà di medicina dell'Università della California, a San Diego, ha concluso che arrossamento, dolore e risposta immunitaria contro la radiazione ultravioletta sono una conseguenza del danno che si produce a carico dell'RNA delle cellule epiteliali. In particolare, a essere colpito è il micro-RNA non codificante, un tipo di RNA non direttamente coinvolto nella codifica delle proteine, che viene, in questo modo, frammentato e aggrovigliato. Questo processo dà origine, nelle cellule sane, a una risposta infiammatoria, tesa a rimuovere le cellule danneggiate. L'interesse della scoperta è soprattutto pratico perché potrebbe portare a interessanti novità nel trattamento di alcune malattie. “Per esempio, alcune patologie come la psoriasi vengono trattate con l'esposizione alla radiazione ultravioletta, con un lieve aumento del rischio di insorgenza di tumori della pelle”, ha commentato il primo autore dello studio, Richard L. Gallo, professore di medicina dell'Università della California, a San Diego. “La nostra scoperta porta a ipotizzare un metodo per ottenere benefici dalla terapia con UV, senza esporre i pazienti ai pericoli connessi. Inoltre alcuni soggetti, come quelli affetti da lupus, mostrano un'ipersensibilità alla radiazione UV. Per questo, stiamo valutando se sia possibile aiutarli bloccando il cammino che abbiamo scoperto.”. “La risposta infiammatoria è importante per iniziare il processo di guarigione dopo la morte cellulare”, ha aggiunto Gallo. “Riteniamo, inoltre, che il processo infiammatorio possa rimuovere il danno genetico prima che possa insorgere una neoplasia. Certamente, questo processo è imperfetto e, con una maggiore esposizione ultravioletta, aumentano le probabilità che le cellule divengano cancerose.”. Nonostante il successo, ancora molto rimane da scoprire, sottolineano i ricercatori, sulla variabilità individuale di questa risposta all'esposizione alla radiazione ultravioletta.  "La genetica è intimamente legata alla capacità dell'organismo di difendersi dal danno da UV”, ha concluso il ricercatore. “Sappiamo, dal nostro modello murino, che specifici geni cambiano il modo in cui la pelle risponde alla radiazione: gli esseri umani hanno geni simili, ma non si sa se le persone abbiano o meno mutazioni in questi geni in grado di influenzare la risposta al Sole.”.
(09 luglio 2012)

mercoledì 13 febbraio 2013

visione di genere

Gentilissimi, eccovi un ottimo articolo su quanto già sapete: la visione dipende dal fatto di essere femminucce oppure maschietti. In altre parole, la percezione visiva tra uomini e donne è differente. Leggete e commentate! L'articolo è tratto e modificato dalla newsletter di Le Scienze. Un consiglio: poiché l'iscrizione alla newsletter è gratuita, chiedete ai Vostri genitori di iscriverVi alla newsletter. Potreste trovarvi notizie interessanti.


percezione visione biologia dello sviluppo neuroscienze
La diversa visione degli uomini e delle donne 
Le differenze nella concentrazione di recettori per gli ormoni maschili, nelle cellule della corteccia visiva, durante l'embriogenesi, determinano alcune diversità tra sessi nell'architettura percettiva. Le donne eccellono nella discriminazione delle sfumature di tonalità del colore, gli uomini nella capacità di cogliere cambiamenti in stimoli in rapido movimento (red)
Le donne avrebbero, in generale, una maggiore sensibilità nel discriminare fra le diverse sfumature cromatiche, mentre gli uomini avrebbero una maggiore capacità di cogliere al volo stimoli in rapido movimento. E’ questa la conclusione di uno studio, condotto da ricercatori della City University of New York, illustrata in due articoli, pubblicati su “ BioMed Central Journal of Sex Differences” (Sex & vision I: Spatio-temporal resolution e Sex and vision II: color appearance of monochromatic lights). Questa ricerca si collega con altre che, in passato, hanno osservato differenze di sensibilità in alcuni aspetti della percezione fra donne e uomini. Tuttavia, osservano gli scienziati, gli studi precedenti erano strutturati in modo da non distinguere se le differenze rilevate fossero da attribuire a una differenza nella struttura del sistema visivo o all’influenza dei centri cerebrali cognitivi superiori, che, a loro volta, possono essere condizionati da fattori culturali. Il nuovo studio sembra confermare che alcune differenze andrebbero, in effetti, attribuite a diverse modalità di funzionamento dei centri visivi cerebrali, e questo, osservano gli autori, va presumibilmente imputato al fatto che, in tutta la corteccia cerebrale, ci sono elevate concentrazioni di recettori per gli ormoni sessuali maschili, in particolare nella corteccia visiva. Questi ormoni sono anche responsabili del controllo dello sviluppo dei neuroni nella corteccia visiva durante l'embriogenesi, tanto che, nei maschi, c'è il 25 per cento in più di questi neuroni rispetto alle femmine. A dispetto di ciò, non c’è affatto una supremazia generale degli uomini nella visione, ma una differente distribuzione delle “eccellenze” nella percezione visiva: le donne infatti riescono a percepire un maggior numero di sfumature, soprattutto nella parte centrale dello spettro ottico, e a notare differenze di tonalità in un tempo minore. Questa caratteristica sarebbe legata al fatto che gli esseri umani hanno diversi alleli per le opsine, proteine che formano i fotopigmenti dei coni, e che molte persone ne esprimono più d’uno. Ciò avviene con particolare frequenza nelle donne perché i geni coinvolti si trovano sul cromosoma X.  Per contro, nella discriminazione di dettagli fini, come l’orientamento verticale od orizzontale di una serie di aste ravvicinate, e di dettagli in rapido movimento, il tempo necessario a una corretta identificazione degli stimoli è risultato inferiore negli uomini. "Gli elementi della visione che abbiamo misurato”, ha osservato Israel Abramov, che ha diretto lo studio, “sono determinati da input nella corteccia visiva primaria, provenienti dai neuroni del talamo. Dal momento che questi neuroni vengono indirizzati nella corteccia durante l'embriogenesi, ipotizziamo che il testosterone abbia un ruolo importante, determinando, in qualche modo, una connettività diversa nei due sessi. La spinta evolutiva che ha portato a queste differenze è invece meno chiara.".
(06 settembre 2012)

Se mi ricordo i vecchi tempi, il medesimo concetto era espresso in una puntata del cartone animato "Peline Story". Se riesco a trovare il relativo link, lo inserirò in un futuro post. Nonna Rosa

lunedì 11 febbraio 2013

SITOGRAFIA

Gentilissimi, per concludere la nostra, e Vostra, relazione scientifica, può essere opportuno consultare siti Internet. Prestate attenzione al fatto, attualmente ancora valido, che una corretta e approfondita Bibliografia è essenziale, mentre una Sitografia è considerata solamente "facoltativa". "Bibliografia obbligatoria, Sitografia optional". Tuttavia, come ben saprete, molto materiale è annidato tra le pieghe del web. Una ricerca accurata, ponderata e rigorosa, può portare a scoperte interessanti. Indicate per esteso il link al sito, o ai siti, che veramente avete utilizzato per la Vostra relazione. Evitate di "prendere in prestito" la Bibliografia della Sitografia. In altre parole, se consultate un sito, da wikipedia ai siti scientifici, Vi capiterà, in più di una occasione, di trovarvi rimandi, o addirittura, Bibliografie intere su un determinato argomento. Evitate di inserire questi libri, se davvero non li avete utilizzati, consultati e letti. Mi è capitato di trovare, in una Bibliografia, ovviamente poco accettabile, un libro scritto in finnico. In un'altra occasione l'alunno ha scritto di aver usato un'opera del 312 a.c., in lingua madre (antico greco). In molti motori di ricerca il link esatto al sito è riportato, per esteso, in alto, in apposite "caselline". Se inserite immagini, oltre a quanto già detto in post passati, prese dal web, inserite pure il sito da cui esse sono state prelevate. Se dovete rispettare il copyright, fatelo. In teoria, trattandosi di relazione scientifica scolastica, riportando l'autore e il detentore del copyright, non dovrebbero esserci problemi. Se usate Wikipedia, controllate non solo la relativa pagine, ma pure la discussione e le modifiche apportate a questa pagina. Anche in questo caso si richiede il link completo, e non solo "Wikipedia". Al termine riordinate, alfabeticamente, tutti i siti utilizzati, sia per il testo sia per le immagini. Il titoletto SITOGRAFIA deve essere riportato. Se pensate sia utile, chiudete la Vostra relazione con la data in cui l'avete terminata e la Vostra firma autografa.
Che fate ancora lì? Non dovreste iniziare, almeno in brutta copia la Vostra relazione? NR

schema per una relazione scientifica - (non solo sulle sostanze stupefacenti)

Gentilissimi, continuiamo con la proposta di schema per realizzare una relazione scientifica compilativa sull'argomento delle sostanze stupefacenti:

t) BIBLIOGRAFIA
Indicate il titoletto. La Bibliografia è essenziale per poter valutare, anche solo parzialmente, l'accuratezza di quanto sostenete, di quanto riportato e delle eventuali critiche da Voi sostenute. Un piccolo suggerimento: riportate in Bibliografia quanto EFFETTIVAMENTE avete usato per svolgere la relazione. Non inserite riviste o libri che avete SOLO consultato. Teoricamente, tutti i libri inseriti in Bibliografia DEVONO essere ripresi nello svolgimento della relazione, anche solo per cenni. Poiché la bibliografia è un elenco di libri o riviste, indicate per ordine alfabetico secondo l'autore, è meglio essere il più possibile precisi nel citare le fonti utilizzate. E' di questi mesi la notizia di quanti, non solo in Italia, hanno utilizzato lavori altrui senza citazione, o senza riportare la fonte.
Facciamo un esempio: giunti ad un certo punto della relazione ho utilizzato il libro dal titolo "Caffè, tè e bevande energetiche". Cerco di individuare l'autore, o gli autori. Il testo è stato scritto dal professor Gianluigi Andrea Mascagni Pereira. Cerco l'anno di pubblicazione: 1978. Cerco presso quale casa editrice sia stato pubblicato il libro. Sfoglio le prime e le ultime pagine. Scopro così che la casa editrice è la Litostampa Farina di Farro. Cerco sul libro la sede di questa casa editrice: Messina. Osservo se il libro fa parte di una collana, magari di divulgazione. In effetti si tratta del terzo volume della collana "Piccoli gnomi e alti giganti". Se non facesse parte di alcuna collana, o serie, poco male. Ora ho tutto quanto mi serve per riportare, in Bibliografia, il testo.

BIBLIOGRAFIA
Mascagni Pereira G. A. - (1978) - Caffè, tè e bevande energetiche. Collana: Piccoli gnomi e alti giganti, vol. 3. Litostampa Farina di Farro, Messina.

Inserite almeno tre libri o riviste. Se chiedete informazioni, notizie, interviste a persone, magari via e-mail, o per lettera, o come commento di blog, ad esempio, scrivete così:

Nonna R. - (2013) - Comunicazione personale.

Si tratta di informazioni non pubbliche e non pubblicate.

Alla prossima per quanto riguarda la SITOGRAFIA. NR

COMUNICAZIONE E SCIENZA

Gentilissimi, come noto, la scienza è comunicazione. Tuttavia, finché questo concetto è espresso da una vecchia nonna, appare, o potrebbe apparire, poco credibile. A sostegno di quanto detto, riporto un articolo di chi, senza alcun dubbio, si occupa di scienza e di divulgazione con capacità e serietà, il giornalista Pietro Greco. L'articolo, come sempre modificato per renderlo più adatto alla lettura da parte di giovani alunni, è ripreso dalla newsletter Scienzainrete:


ARTICOLO SCIENZAINRETE: COMUNICAZIONE
Open access, il nuovo paradigma Pietro Greco  Com.  e divulgazione scientifica
Paolo Rossi, lo storico delle idee scomparso a inizio d’anno, sosteneva che la scienza moderna è nata, nel Seicento, abbattendo un paradigma: il «paradigma della segretezza». Comunicando tutto a tutti. E consentendo a tutti di essere critici di tutti. John Ziman, un fisico teorico ed esperto del «lavoro degli scienziati», come recita il titolo di un suo libro, sosteneva che la scienza è un’attività sociale che tende a raggiungere un «consenso razionale d’opinione» sul più vasto campo possibile. L’attività scientifica ha due dimensioni: una privata (osservare la natura, elaborare spiegazioni), l’altra pubblica (comunicare i risultati dell’indagine, sperimentale o teorica). La seconda parte è altrettanto importante della prima. Non c’è scienza senza comunicazione della scienza. E infatti il sistema di comunicazione è l’istituzione sociale fondamentale della comunità scientifica. Istituzione caratterizzata dalla sua totale trasparenza e accessibilità. È tenendo conto di queste due assunzioni che, probabilmente, la Royal Society di Londra ha licenziato, nelle scorse settimane, il rapporto Science as an open enterprise, redatto da un vasto gruppo di lavoro, diretto da Geoffrey Boulton, professore emerito di geologia dell’Università di Edimburgo. Il rapporto è chiaro fin dal titolo: la scienza è e deve essere un’impresa aperta. L’indagine trasparente è il suo cuore pulsante. La comunicazione pubblica delle teorie scientifiche, e dei dati sperimentali e delle osservazioni su cui si basano, consente a tutti di analizzarle, farle proprie, criticarle, rigettarle del tutto o utilizzarle per nuove indagini e per produrre nuova conoscenza. I successi della scienza dipendono dalla sua potente capacità di autocorrezione. E la potente capacità di autocorrezione della scienza, ricorda la Royal Society, dipende, a sua volta, dalla totale trasparenza del suo sistema. Per lungo tempo il sistema di comunicazione della scienza si è basato sull’uso di riviste (con peer review, con analisi critica ex ante da parte di colleghi esperti dell’autore) in abbonamento. Il primo esempio storico sono le Philosophical Transactions, pubblicate, a partire dal 1665, proprio dalla Royal Society. Ebbene, oggi ci sono quattro fatti a imporci di ridare forma per conservare la sostanza del valore e della prassi di «comunicare tutto a tutti». Il primo è l’enorme crescita della comunità scientifica: in poco più di un secolo il numero di ricercatori è aumentato di due ordini di grandezza, passando da circa 80.000, alla fine del XIX secolo, agli oltre 7 milioni attuali. La crescita è stata accompagnata, negli ultimi anni, da una rapida internazionalizzazione. Sia nel senso che si fa scienza in molti più paesi, sia nel senso che fanno scienza sempre più gruppi di persone provenienti da paesi diversi. Tutto ciò ha portato a un incremento enorme della comunicazione: sia nel numero di articoli pubblicati, sia nel numero delle riviste che li pubblicano. Ma, combinato con lo sviluppo delle tecnologie, ha comportato un aumento ancora più esplosivo della quantità di dati prodotti e conservati. Il secondo fatto è l’enorme cambiamento nelle tecnologie della comunicazione. Ora, con i computer e le reti di computer, è davvero possibile comunicare tutto a tutti in tempo reale. Tuttavia, a ostacolare la comunicazione di tutto a tutti, ci sono gli altri due fatti. Il primo è la difficoltà di accesso alla comunicazione. È impossibile, sia per problemi di spazio fisico, sia per problemi di costi di abbonamento spesso esorbitanti, che una qualsiasi istituzione possa allestire biblioteche capaci di contenere tutta la comunicazione scientifica. Il secondo ostacolo è la richiesta delle imprese private che, ormai, finanziano larga parte della ricerca nel mondo, ma anche di molti stati, per motivi di sicurezza, a tenere segreti, piuttosto che a comunicare i risultati della ricerca. Questi fatti sono in contraddizione tra loro. Ed è giunto il tempo di sciogliere i nodi. E i nodi, sostiene la Royal Society, possono essere sciolti in un unico modo: ripristinando la totale trasparenza della scienza. Comunicando tutto a tutti. Le tecnologie ce lo consentono: basta creare riviste in rete e “open access”. Occorre la volontà e un minimo di risorse. La “scienza aperta”, con riviste in rete e “open access”, può diventare un obiettivo politico: dei governi o, magari, dell’Unione Europea. Per almeno otto diversi motivi. Sei sono, per così dire, interni alla comunità scientifica: 1) conservare la capacità di autocorrezione senza la quale non c’è scienza; 2) rendere accessibile le informazioni a tutti, perché questo è il motore per la produzione di nuova conoscenza; 3) creare un sistema che consenta di incrociare l’enorme quantità di dati disponibili (l’incrocio di una quantità enorme di dati potrebbe portare a un nuovo paradigma nella scienza, il quarto, dopo i classici due, l’elaborazione delle teorie e la ricerca sperimentale, e dopo l’avvento della simulazione al computer); 4) pubblicare non solo gli articoli, ma tutti i dati che hanno consentito la loro elaborazione (fatto impossibile su supporto cartaceo); 5) sperimentare nuove forme di simulazione al computer; 6) sperimentare  tecnologie che facilitino la creazione di nuove forme di collaborazione e la formazione di nuovi network di ricerca. Gli altri due motivi che consigliano, quasi impongono, la creazione di un sistema di comunicazione in rete “open access”, riguardano i rapporti tra scienza e società. Il primo: la trasparenza assoluta è una condizione essenziale per aumentare la fiducia dei cittadini non esperti nella scienza. Il secondo: la comunicazione in rete e “open access” consente un più fitto dialogo tra comunità scientifica e cittadini. Ne abbiamo dato notizia in un precedente articolo: il governo inglese ha già annunciato di aderire alla proposta della Royal Society. È importante che lo faccia anche l’Italia. Sia per creare le premesse di una “società democratica fondata sulla conoscenza” sia per non rimanere, ancora una volta, indietro in un processo che è, anche, di innovazione tecnologica. Ma è importante che l’obiettivo della Royal Society, da sottoporre ad analisi critica, ovviamente, sia fatto proprio dall’Unione europea. La scienza, la capacità di innovazione tecnologica e la conoscenza diffusa hanno regalato, per mezzo millennio, al vecchio e piccolo continente un ruolo primario nel mondo. Se vuole uscire dalla crisi è dalla scienza, dall’innovazione tecnologica e dalla conoscenza diffusa che l’Europa deve ripartire. Scienzainrete farà la sua parte, in Italia e in Europa, perché questi processi si avviino.
(20 agosto 2012)

sabato 9 febbraio 2013

approfondimento su sostanze stupefacenti

Gentilissimi, in questo ultimo periodo stiamo parlando di sostanze stupefacenti, quale argomento per una relazione scientifica. Dalla newsletter di Scienza in rete, come sempre parzialmente modificato, Vi lascio un interessante articolo pubblicato a fine agosto.


ARTICOLO SCIENZA IN RETE: DROGHE
La fisica aiuta la prevenzione
Un evento raro nel proprio vissuto, in grado di abbassare le naturali difese psichiche, è tra i fattori scatenanti la tossicodipendenza. Lo stabilisce un’indagine, condotta presso l’Istituto dei Sistemi Complessi, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isc-Cnr) di Roma, basata su un modello, ispirato alla fisica statistica, utile a controllare e prevenire il fenomeno della tossicodipendenza. La ricerca rientra nella partecipazione al progetto nazionale ‘Prevo-Lab’, diretto da Riccardo Gatti, della Asl di Milano, finalizzato all’analisi e al monitoraggio del fenomeno nel nostro Paese, e i risultati sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista Scientific  Reports, del gruppo Nature. Lo studio ha cercato di descrivere il fenomeno su un scala più microscopica, stabilizzando alcuni parametri nella vasta gamma di informazioni individuali che è possibile utilizzare, per valutarne la sua evoluzione dinamica e stabilirne un possibile controllo. Nella restrizione di campo delle variabili eterogenee scatenanti la dipendenza, c’è anche la constatazione che la disponibilità economica ha un’incidenza molto più bassa del previsto nella tendenza a consumare droghe.  La scienza della complessità si dimostra, quindi, utile in campo sociale, introducendo la possibilità di prevedere le dinamiche collettive, nonostante le differenze individuali, e contribuendo a pianificare un’azione di prevenzione e controllo. Il modello utilizzato, infatti, consente di analizzare, virtualmente, la risposta di un fenomeno in merito a diverse strategie risolutive utilizzate. Secondo Luciano Pietronero, a capo del team di ricerca e direttore dell’Isc-Cnr, “L’ambizione è quella di sviluppare una descrizione quantitativa del comportamento umano, che rappresenta certamente uno dei principali obiettivi della scienza della complessità. Il metodo è ispirato ai cosiddetti 'modelli ad agenti' della Fisica statistica, in cui vengono fissati dei parametri oggettivi, ma è in grado di estrapolare il ‘sommerso’ dei comportamenti, focalizzando l’attenzione sugli aspetti accessibili ed essenziali della vita delle persone, cioè su alcuni parametri dedotti dalla osservazione empirica del reale.”.
(23 agosto 2012)

il delta del Mississippi

Gentilissimi, come da Voi richiesto ecco una immagine del delta del Mississippi. Come potete ben vedere la costa è bassa, fangosa e digitata. Da luoghi come questo, secondo l'ipotesi detta "inorganica", si sarebbero avute le condizioni per la formazione non solo di molecole organiche, ma, addirittura, delle prime cellule. Ne parleremo in seguito. NR


venerdì 8 febbraio 2013

relazione scientifica sostanze stupefacenti - parte 3

Proseguiamo con la proposta di schema per una relazione scientifica compilativa sulle sostanze stupefacenti:

o) in base alla località dove vivete Voi, inserite informazioni sintetiche, notizie da quotidiani o tg, nazionali e non, relative a spaccio, morti, reati inerenti la sostanza di indagine. Evidentemente, se la sostanza è legale (caffè, alcool, nicotina, antidepressivi, farmaci) non si tratterà di reati, ma di semplici notizie. Tali notizie sono da riportare in sintesi, indicandone, in Bibliografia, la fonte, il quotidiano o la rivista da cui sono stati "presi". Le informazioni relative alla incidenza sul Vostro territorio devono mantenere la privacy. Non inserite nel Vostro lavoro cognomi, nomi o dati personali. Potete, solo se lo ritenete opportuno e se la notizia ha rilevanza ai fini della Vostra relazione, mettere le località in cui tali fatti sono avvenuti.
p) A questo punto, dopo aver riletto con attenzione la prima stesura della relazione, mettete le notizie curiose, miti e leggende, curiosità, storia della sostanza, utilizzo per altri scopi, derivazione del nome e quanto altro sia ampliamento e approfondimento.
q) Cercate studi, esperimenti, pubblicazioni scientifiche fatte per testare l'assunzione e/o gli effetti della sostanza. Pure per tali studi siate sintetici, indicando motivi dello studio e conclusioni dello stesso.
r) Se non avete spiegato in precedenza TUTTI  i termini non comuni della Vostra relazione, potete, a questo punto, inserire un elenco alfabetico di questi termini. Mettete il titoletto GLOSSARIO, quindi muniteVi di un ottimo vocabolario e, dopo ogni parola, riportate la spiegazione necessaria per la comprensione della stessa. Evitate accuratamente di utilizzare, per la spiegazione, la parola stessa o un suo derivato. Ad esempio, una frase come "I serpenti sono rettili. Tra i rettili vi sono i serpenti" non ha molto significato. Neppure "La farfalla è una farfalla" è una frase chiara e comprensibile. "Un vocabolario è un libro dove si cercano i vocaboli", oltre che ovvia, ha scarsa rilevanza.
s) A conclusione del Vostro lavoro ponete il titoletto CONCLUSIONI. Inserite brevemente la motivazione della relazione, quanto avete appreso, eventuali dubbi che non siete riusciti a toglierVi, effetti e Vostre considerazioni. Ecco un esempio:
CONCLUSIONI
Nonostante il caffè sia, da molti secoli, bevanda utilizzata a scopi ricreativi e come eccitante, non sembra che l'utilizzo legale durante l'orario scolastico, da parte delle docenti, possa inficiare, ossia diminuire, le capacità didattiche delle stesse. In alcuni casi si è notata una parziale rilevanza tra urla della docente e mancata assunzione di caffeina, in particolare nelle ultime ore di lezione e quando gli studenti non si erano preparati a dovere. Non si riesce a comprendere come, tra gli scarsi benefit dei docenti, non vi sia una tazzina di caffè al giorno. A parziale motivazione di quanto detto si riporta una celebre frase dimostrativa: "I matematici sono persone che trasformano caffè in teoremi". Questa relazione è stata molto utile per assaggiare differenti tipologie e miscele di caffè senza pagare nulla.

Ovviamente cercate di essere maggiormente scientifici di quanto abbia mostrato la Vostra Nonna Rosa.

collaborazione tra scienziati

Gentilissimi, la scienza è comunicazione e collaborazione. Tutti gli scienziati, con il loro lavoro onesto e, ripetiamo, ripetibile, incrementano le conoscenze scientifiche per tutti. E' per questo che la scienza, e, di conseguenza, il lavoro degli scienziati, si basa sulle pubblicazioni. Il valore delle pubblicazioni scientifiche, con la discussione che, a più livelli, si sta svolgendo in tutto il mondo, Italia compresa, poi, è un discorso a parte. Per ora sia sufficiente sapere che ogni scienziato, per poter essere considerato tale DEVE pubblicare lavori e scoperte che siano comprensibili non solo dai collaboratori, ma, se possibile, da chiunque abbia le conoscenze necessarie. Solitamente, a livello di scoperte o ipotesi, la priorità è attribuita al "primo" scienziato che abbia "comunicato" la scoperta. Vi lascio un link per presentarVi un personaggio che, spesso, i libri pongono in secondo piano: Wallace. Si tratta dello scienziato che, indipendentemente da Darwin, e seguendone le orme, ha proposto la teoria della evoluzione della specie. Il link fa riferimento ad una rubrica di Educazione ambientale di uno dei tanti parchi posti nella Regione Lombardia, il Parco Oglio sud.
Leggete e commentate! NR

Wallace


giovedì 7 febbraio 2013

schema relazione scientifica - sostanze stupefacenti - parte 2

Gentilissimi, proseguiamo con una proposta per svolgere una relazione scientifica sulle sostanze stupefacenti.
Dopo aver cercato il materiale necessario possiamo procedere:
g) inserite alcune immagini, possibilmente significative di quanto state scrivendo. Ogni immagine DEVE essere corredata da una didascalia esplicativa. Se utilizzate materiale da Internet, controllate che lo stesso non sia protetto da copyright. Se la risposta è affermativa, ricordate, nella didascalia, di indicare il titolare del copyright. Se siete a conoscenza dell'autore dell'immagine, indicatene le generalità. AppuntateVi il sito da cui avete preso l'immagine (il sito, e non il "motore di ricerca"). Riunite due o tre immagini consecutivamente, cercando di mantenere lo stesso formato e, se possibile, le stesse dimensioni.
h) Ora, finalmente, è possibile iniziare la redazione della parte più rilevante, o "argomento"; iniziate con una descrizione della sostanza, non inserendo notizie, informazioni che non abbiano a che fare con la descrizione stessa. Se ritenete opportuno, spiegate i termini utilizzati, quando non sufficientemente noti o di uso comune; inserite spiegazioni per termini specifici o gergali.
i) Nella descrizione indicate con chiarezza misure e unità di misura relative. Se Vi è nota, indicate la formula chimica della sostanza. Se di origine naturale descrivete inoltre la pianta, il fungo o, comunque, l'organismo vivente da cui essa è tratta. Classificate con accuratezza quell'organismo vivente. Descrivete come la sostanza si presenta prima dell'assunzione.
l) indicate, spiegando i termini usati, quali sono gli effetti che la sostanza provoca: partite dagli effetti sul sistema nervoso. Passate poi alla circolazione; quindi agli altri organi interni. Per ultimo descrivetene gli effetti su capacità di comunicazione, relazione e vita sociale, apprendimento. Indicatene le caratteristiche di dipendenza, assuefazione.
m) cercate informazioni sulle correlazioni con altre sostanze, stupefacenti o meno. Se riuscite inserite, a supporto delle Vostre informazioni o ipotesi, grafici, schemi, tabelle.
n) Riportate le differenti modalità di consumo, assunzione, utilizzo. Inserite, se le trovate, notizie sulla correlazione con arte, musica, letteratura, film.
E anche per oggi è sufficiente. Una sola richiesta: non lavorate con fretta e all'ultimo momento. Per fare una relazione scientifica, sebbene compilativa, sono necessarie da 4 a 6 ore circa. Inserite le notizie e i dati che avete trovato SOLO al momento e nel paragrafo opportuno. Non è necessario, se non Ve lo indico, mettere "titoletti" ai paragrafi. Piuttosto, andate a capo. Se trovate ulteriori immagini, sempre con didascalia e rispettando quanto detto al punto g), inseritene a due o tre consecutive, in base a quale paragrafo si riferiscono.
NR

mercoledì 6 febbraio 2013

uno schema per una relazione scientifica : sostanze stupefacenti

Gentilissimi 3 A, come procedere per svolgere adeguatamente una relazione, e non solo una ricerca, sulle sostanze stupefacenti?
Partiamo da una corretta impostazione della relazione:
a) indicate l'autore; ad esempio Nonna R., ossia il Vostro cognome e l'iniziale del nome
b) tra parentesi tonde riportate l'anno di realizzazione; (2013)
c) inserite un titolo in grassetto; il titolo deve essere pertinente, preciso, non generico, all'eventualità anche dettagliato; ad esempio: "L'utilizzo di caffeina tra le insegnanti  italiane di Scienze ultrasessantenni"
d) mettete una breve introduzione: riportate le motivazioni della Vostra scelta, oppure la causa di tale relazione. Indicate, anticipatamente, cosa avete scoperto, cosa non sapevate, ulteriori motivi di studio scientifico; L'introduzione deve essere il più possibile breve, sintetica, esaustiva; ad esempio:
Le professoresse di Scienze utilizzano spesso caffè come succedaneo delle bevande energetiche. Il caffè, magari zuccherato, aumenta la pressione sanguigna e la glicemia, incrementando così le capacità attentive delle docenti durante le ultime ore di scuola. Tra le differenti tipologie di caffè, le docenti, secondo una indagine del MIUR, preferiscono la miscela arabica alla nocciola, non facilmente reperibile sul mercato e quasi assente dalle "macchinette distributrici".
e) importante, per una corretta relazione scientifica, è il Summary, ossia un breve riassunto in inglese della relazione; se volete potrete tradurre, con frasi brevi, la stessa introduzione; evitate di utilizzare traduttori sul web, in quanto "La mosca sullo zucchero" è tradotto allo stesso modo di "Il volo dello zucchero", con esiti molto dilettevoli, ma quanto mai da evitare per voti decenti
f) è ora di cercare quanto più materiale possibile. Utilizzate, prima di tutto, libri, dizionari, riviste che avete in casa; in secondo luogo visitate almeno una biblioteca; usate, se pensate sia utile, il libro di testo; solo dopo aver cercato questo materiale passate ad una prima stesura, o bozza, di relazione; in seguito controllate il web, per altro materiale e per immagini; Vi ricordo di tenere sempre, magari su foglio di lavoro a parte, tutti i link ai siti visitati; sia i libri sia i siti usati, fosse anche solo per le immagini, DEVONO essere riportati in Bibliografia e in Sitografia.
Per ora quanto detto è sufficiente. Alla prossima! NR

strutture di Widmanstatten

Gentilissimi, eccoVi il link di wikipedia su altre osservazioni relative a meteoriti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Figure_di_Widmanst%C3%A4tten

Una meteorite  di questo tipo, "tagliata", si trova anche in Italia, in una collezione privata (coll. M. Chinallato). Bella


lunedì 4 febbraio 2013

sms e relazioni uomo-donna

Gentilissimi 3 A, ecco un, abbastanza, recente, articolo tratto dalla newsletter di Le Scienze. Molto adatto per quanto studiato in classe e come approfondimento:


società comportamento psicologia antropologia
Come cambiano i rapporti umani: lo rivelano sms e telefonate
 L'analisi delle telefonate e dei messaggi di testo di tre milioni di utenti europei suffraga la teoria che le relazioni femminili cambino con il cambiamento delle priorità biologiche, suggerendo che siano le donne a dirigere l'adattamento evolutivo degli esseri umani di Daisy Yuhas
L'analisi di 1,95 miliardi di chiamate su telefoni cellulari e di 489 milioni di messaggi di testo rivelano che, nel corso della vita, uomini e donne seguono modelli di relazione diversi. I ricercatori sostengono, in particolare, che durante l'età fertile siano le donne a guidare il processo per la ricerca di un compagno e che poi orientino la loro attenzione verso la generazione femminile successiva. I dati sembrano anche mettere in crisi alcune idee comuni su come si organizzano gli esseri umani. "Una diffusa ipotesi antropologica è che lo stato sociale ancestrale degli esseri umani sia stata una forma di patriarcato, ma non sono sicuro che sia così", dice Robin Dunbar, antropologo all'Università di Oxford e autore dello studio, pubblicato su “Nature Scientific Reports”. Dunbar e un team interdisciplinare hanno esaminato i dati relativi al traffico telefonico da cellulari di un unico gestore, in un paese europeo che non è stato non indicato. (La località è rimasta anonima per proteggere le identità degli utenti). I dati sono stati raccolti nell'arco di sette mesi, limitando lo studio delle telefonate tra utenti di età e sesso conosciuti; è stata così ottenuta una base di dati su circa 3,2 milioni di abbonati, ovvero circa il 20 per cento degli utenti di cellulari della nazione. In base all'ipotesi che gli amici, intesi come le persone con i rapporti più stretti, comunichino più frequentemente fra loro, il gruppo ha analizzato le prime tre amicizie di ogni utente, individuate in base alla frequenza di telefonate, per determinare i modelli dell'utente medio maschio e femmina nelle diverse età. I ricercatori si aspettavano di trovare una "omofilia", cioè la tendenza a scegliere un amico dello stesso sesso. Invece, sembra che, tra le varie forme di rapporto, a trionfare sia quello romantico: i dati hanno rivelato che il migliore amico di una persona, in particolare fra i 20 e i 30 anni, è del sesso opposto e della stessa età.  Tuttavia, esistono notevoli differenze nel modo in cui uomini e donne comunicano con il proprio presunto partner romantico. In primo luogo, nella vita di una donna l'uomo rimane la persona a cui si telefona più spesso per circa 15 anni, rispetto ai sette anni nel caso degli uomini. Anche l'età del picco massimo di chiacchierate fra partner è diversa: 27 anni per le donne e 32 per gli uomini.  Dopo i 50 anni, però, le cose cambiano. La preferenza per un partner romantico si esaurisce sia negli uomini che nelle donne, e nella frazione dei più anziani presenti nel data base, entrambi i sessi cercano prima di tutto compagnia. Nelle donne, il rapporto con uomo è sostituito da una forte relazione con un'altra donna, di solito di una generazione circa più giovane. Dunbar e colleghi interpretano questo modello come un rapporto madre-figlia. Coniugando la forte preferenza delle donne prima per un uomo e, in seguito, per una figura filiale, i ricercatori concludono che sia la biologia a plasmare il comportamento femminile, che influisce a sua volta sugli uomini. Dunbar ipotizza che le donne avviino e diano priorità alla relazione con un partner romantico più precocemente degli uomini, un comportamento che, a poco a poco, porta gli uomini a ricambiare. Questa relazione continua a essere la massima priorità per tutta l'età fertile della donna media, che successivamente rivolge la propria attenzione alla prossima generazione di donne che si avvicinano al periodo fertile. "Probabilmente abbiamo sottovalutato l'importanza di queste reti di sostegno familiare", dice Dunbar, secondo cui l’attuale diminuzione della dimensione della famiglia potrebbe riflettere la mobilità delle donne moderne, che le isola dalla propria rete di sostegno materno. Ritiene inoltre che i legami tra madre e figlia, e la forza dell’influenza di una donna sull'accoppiamento, siano così forti da essere alla base delle tendenze naturali della società umana: "Credo che, a parità di condizioni, il modello sociale 'normale' degli esseri umani sia matrilineare.". I dati suggeriscono anche un differente modello di amicizia maschile. I tabulati telefonici suffragano la concezione comune che le donne abbiano intense amicizie di tipo uno-a uno, che si conservano e si modellano attraverso comunicazioni frequenti; in effetti, Dunbar ritiene che la comunicazione digitale, con i suoi messaggi istantanei e le sue forme veloci, sia, in genere, su misura per uno stile di amicizia femminile. Al contrario, i maschi, suggeriscono i dati, hanno un approccio molto diverso: a parte lo stretto rapporto degli anni romantici con una donna, hanno un numero più alto di amicizie sia con uomini sia con donne. Questa conclusione suffraga un popolare modello, secondo cui gli uomini preferiscono legami di gruppi e attività condivise. I modelli di amicizia maschile e femminile rilevati nello studio si conformano alle osservazioni già fatte da tempo in psicologia e in altri campi, ma alcuni ritengono che le più ampie interpretazioni biologiche siano troppo speculative. "Si tratta di dati molto interessanti", ha commentato lo psicologo dell'Università di Rochester, Harry Reis, che studia le interazioni sociali umane e ha scritto molto su intimità e amicizia nei maschi e nelle donne. "Ma ci sono innumerevoli spiegazioni alternative per i modelli che sono emersi.". Tra i casi in discussione, ci sono le situazioni non romantiche, in cui individui di sesso opposto comunicano di frequente, per esempio tra collaboratori o con un datore di lavoro. Un altro caso è la possibilità che il modello di relazione di una donna si sposti con l'età, perché nel corso della vita può aver perso il partner per la sua morte o per un divorzio. L'antropologo Daniel Hruschka, dell'Arizona State University, a Tempe, che ha scritto un libro sull'evoluzione dell’amicizia nelle diverse culture, è stato colpito dalle somiglianze, piuttosto che dalle differenze, nei dati sugli uomini e sulle donne. "Nel loro periodo iniziale di riproduzione, uomini e donne chiamano il sesso opposto molto più di quanto non facciano più tardi nella vita", osserva Hruschka, aggiungendo che anche i modelli madre-figlia sono più deboli di quanto si aspettasse. I dati suggeriscono che sia gli uomini sia le donne dividano il loro tempo chiamando i figli e i coniugi. "Queste differenze sembrano piuttosto piccole, rispetto agli stereotipi imperanti sulla frequenza con cui le donne comunicano con i bambini.". Dunbar, che sta per pubblicare un saggio in cui confronta le differenze dei rapporti fra uomo e donna nelle diverse culture, ipotizza tuttavia che i modelli identificati siano universali, il che però non significa che si applichino a tutti. "Il nostro problema, in un certo senso, è che stiamo guardando delle medie", dice Dunbar. Le persone che non sono conformi alle ipotesi dello studio, per esempio le donne senza figli, si presume che siano una minoranza. "Sono senz'altro lì da qualche parte, ma è un dato che probabilmente non riusciremmo a distinguere.”.
(L'originale di questo articolo è apparso su "Scientific American" il 20 aprile 2012; riproduzione autorizzata.)

E non mandatemi sms! Una nonna non cellularizzata a dovere.