eccoVi un nuovo approfondimento sulla memoria. Si tratta di un articolo, modificato parzialmente, tratto dalla newsletter Le Scienze. Anche in questo caso si affronta il tema della memoria, in particolare della memoria di sketchpad, ossia di una tipo di memoria a brevissimo termine. Controllate quanto scritto, a proposito, in un precedente post. Per ora buona lettura! E prestate la dovuta attenzione! Una nonna Reattiva! NR
percezione neuroscienze
Perché non
prestiamo attenzione agli stimoli familiari
Il meccanismo che permette di riservare una risorsa scarsa come
l'attenzione a stimoli nuovi e potenzialmente significativi, escludendo
selettivamente quelli abituali, può essere spiegato da un nuovo modello
unitario. Secondo questa ipotesi, qualsiasi gruppo di neuroni, eccitato
ripetutamente da uno specifico stimolo privo di una particolare valenza
positiva o negativa, farebbe scattare un sistema di segnali inibitori (red)
I meccanismi alla base della selettività
dell'attenzione, che permettono di escludere, in modo automatico, gli stimoli
familiari, potrebbero essere spiegati da un nuovo modello, proposto da Mani
Rawasmani, neuroscienziato del Trinity
College, di Dublino, che lo illustra sulla
rivista “Neuron”.
Normalmente la risposta agli stimoli
diminuisce quando si viene esposti ripetutamente a essi: questo processo, che
prende il nome di “abituazione”, consente di identificare, e ignorare
selettivamente, eventi e oggetti familiari, così che il cervello non impegni
l'attenzione, una risorsa limitata, a vagliare stimoli irrilevanti e possa
concentrarsi su quelli nuovi, potenzialmente significativi. L'abituazione è
considerata una forma basilare di apprendimento, dato che, senza di essa, si
sarebbe letteralmente travolti e paralizzarti da una miriade di stimoli, ma per
spiegare i meccanismi con cui si realizza esistevano tre differenti ipotesi, in
concorrenza tra loro. La prima coinvolge i neuroni sensoriali,
che andrebbero incontro a un fenomeno di adattamento: la seconda, invece,
chiama in causa una depressione della trasmissione eccitatoria,
ossia una sorta di esaurimento della capacità di risposta del neurone, a
livello delle sinapsi, in seguito a ripetute stimolazioni; la terza, infine,
sposta l'attenzione sulla plasticità delle reti neurali, che si
modificherebbero con l'esperienza. Ciascuna delle tre ipotesi riesce a
dar conto di alcuni esempi di abituazione, ma nessuna è in grado di spiegarli
tutti. Attraverso una metanalisi degli studi a sostegno delle diverse teorie,
che, per lo più, fanno riferimento a esperimenti condotti su differenti gruppi
di animali, Ramaswami è arrivato ad adottare una prospettiva evolutiva, che
tenta di conciliare le tre prospettive. In particolare, il nuovo modello
ipotizza che un'attivazione ripetuta, di un qualsiasi gruppo
di neuroni che rispondono ad un dato stimolo, comporti l'innesco di una
“attivazione negativa”, che inibisce le risposte da parte di quello stesso
gruppo di cellule. Per esempio, se la visione di un volto sconosciuto e
spaventoso può innescare, la prima volta, una reazione di paura, reiterate
esposizioni, che non abbiano avuto conseguenze negative (o positive), fanno sì
che il gruppo di neuroni attivato da quel viso sia interessato da ripetuti
segnali di inibitori, che si traducono in una comunicazione meno attiva con i
centri della paura. “Questa prospettiva”, ha detto Ramaswami, “delinea un
meccanismo 'scalabile', che può spiegare l'abituazione agli stimoli, sia che
essi siano codificati da gruppi molto piccoli sia codificati da gruppi molto
grandi di neuroni.”. Il meccanismo, secondo il ricercatore, ha bisogno di
ulteriori approfondimenti, ma ha il vantaggio di essere semplice e di spiegare
perché, per esempio, nelle persone affette da disturbi dello spettro autistico,
persista molto più tempo del normale una forte risposta ai volti nuovi.
(19 giugno 2014)
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