giovedì 31 ottobre 2013

le ossa del bacino

Gentilissimi,
abbiamo parlato, qualche post or sono, delle ossa del cranio e della colonna vertebrale (in parte).
La Bionda Jo dell'Ultima Fila (e a cosa servano tutte queste maiuscole lo sa solo Lei!) ha chiesto appunti sul bacino, presumo sulle ossa del bacino.
Vediamo di sintetizzare.

Il bacino, o pelvi, è una parte del corpo umano. In particolare è posto tra tronco e arti inferiori. Le ossa del bacino sono formate da tre ossa saldate assieme: ileo, ischio e pube. Nella parte posteriore si trovano l'osso sacro e le vertebre del coccige. Osso sacro e coccige sono collegate da una sorta di articolazioni fisse, dette sinfisi. Tali articolazioni sono poco mobili. Al momento del parto, nella donna, grazie all'effetto di alcuni ormoni femminili, tale articolazione acquisisce maggiore mobilità, al fine di consentire il parto.
Due sono le funzioni principali del bacino. La prima è di sostegno, in particolare al tronco. Inoltre, poiché costituito da ossa piatte, nelle ossa del bacino si formano globuli rossi.
In figura è possibile notare le ossa del bacino, visto in posizione frontale.
Tra uomo e donna esistono differenze evidenti e osservabili. In questo caso si parla di dimorfismo sessuale, ossia la forma è differente tra uomo e donna. Nell'uomo il bacino sembra più alto e più stretto, oltre che più robusto. Le pareti delle ossa hanno maggior spessore. La forma complessiva è più alta e meno larga. La cresta iliaca, nel corpo dell'uomo, appare spostata anteriormente. Se paragonassimo la forma del bacino ad una farfalla, le ali anteriori sarebbero molto più grandi delle posteriori. Nella donna le ossa sono meno spesse, il bacino è più basso e meno alto. La forma complessiva appare più "allargata". La cresta iliaca è spostata lateralmente. La forma a farfalla avrebbe ali anteriori e posteriori quasi di uguale dimensione apparente. 
Per gli amanti della matematica, è possibile stabilire una correlazione tra la statura e la larghezza del bacino. 
EccoVi la formula relativa:
Lb (larghezza bacino) = h (statura della persona, espressa in metri) x 18
Nei maschietti, anche in questo caso "inferiori", la formula è 
Lb = h x 17
18 e 17 si devono intendere come "quasi 18" o "quasi 17".
Queste differenze dipendono dal fatto che le donne partoriscono. Evidentemente, al momento del parto, il cranio del bimbo DEVE passare. Per questo nelle donne il bacino è allargato. Questo fatto, se garantisce neonati con maggiore capacità cranica, penalizza le donne nell'andatura bipede. In altre parole, per poter partorire neonati "più intelligenti", le donne camminano in modo meno "produttivo". Sebbene, osservando i maschietti che osservano le femminucce, sembrerebbe che l'andatura femminile sia non solo "produttiva" ma pure "attrattiva".
Nell'acetabolo è inserito il femore, l'osso più lungo del corpo umano. Sul femore viene scaricato, mentre si cammina, il peso del corpo. Il peso del corpo, in seguito, è scaricato a terra durante la camminata. Questo garantisce che la postura eretta sia stabile, che l'uomo possa camminare e correre senza cadere, liberando le mani per altri compiti.
Al link seguente potrete osservare il movimento del femore nell'acetabolo.


Per ora è tutto. Se vi fossero altre richieste siete pregati di inviare le Vostre proposte mediante commenti, osservazioni e critiche. NR


mercoledì 23 ottobre 2013

biosfera di genova

Gentilissimi,
state cercando di organizzare un week end naturalistico? Se abitate dalle parti di Genova, Vi consiglio un viaggio tropicale senza spostarVi dalla Vostra città.
La meta indicata dalla Vostra nonna è la Biosfera, ossia una sorta di serra tropicale, appunto, progettata da Renzo Piano, in cui potete ammirare animali e piante esotiche. Vi lascio con una wikiphoto della pianta sotto le cui foglie, proprio quelle che vedete, e senza infrangere alcun regolamento interno, si è parzialmente nascosta NR. Se osservate attentamente, con l'immaginazione, evidentemente, potreste vedere tracce del mio rossetto preferito, sicuro segno del mio passaggio. O forse era un ibis scarlatto?
EccoVi, per una visita virtuale, due link a video interessanti:



Buona visione (di persona o virtuale)! Nonna Rosa

scoliosi, lordosi, cifosi

Gentilissimi,
cosa accade quando la corretta postura viene a mancare, per diversi motivi?
Come saprete sicuramente, una postura non adatta, in particolare della colonna vertebrale, provoca uno spostamento delle vertebre dalla posizione corretta.
Si parla, a volte impropriamente, di tre "spostamenti".
Quando la colonna vertebrale è spostata "più in avanti", rispetto alla postura "normale", si parla di cifosi, sebbene sia meglio definirla "ipercifosi". In termini colloquiali è la cosiddetta gobba. Essa può avvenire per varie cause: postura non corretta, appunto, ad esempio degli alunni che stanno eccessivamente curvi sul banco; oppure, come può accadere alle ragazze in fase di sviluppo, ad un repentino sviluppo in altezza non corrisponde un altrettanto rapido sviluppo muscolare; altre fonti di ipercifosi sono dovute a malformazioni genetiche o, per le persone anziane (e ne so qualcosa!), a problemi legati all'avanzare degli anni. EccoVi una immagine per spiegare meglio:

Come potete notare nel disegno, accanto alla "gobba" la colonna vertebrale compie un movimento di "schiacciamento" nella parte lombare. In questo caso specifico sarebbe meglio definire tale posizione "lordosi-ipercifosi".
Per lordosi, o, meglio, "iperlordosi", si intende, appunto, un arretramento dalla posizione corretta della colonna vertebrale. La colonna si curva all'indietro. Questo può avvenire o nei lombi, come nell'immagine precedente, oppure nelle vertebre del collo, o vertebre cervicali. EccoVi una immagine esplicativa:
Nei ragazzi e nelle ragazze in età scolare è molto comune la scoliosi, ossia uno spostamento laterale della colonna vertebrale dalla posizione corretta. Anche in questo caso le cause sono disparate. EccoVi una immagine didascalica:


Se pensate che possano servire ulteriori approfondimenti, inviate commenti e richieste,
Una nonna, per varie cause, ipercifotica. NR

martedì 22 ottobre 2013

ritmo e linguaggio

Gentilissimi,
Vi lascio alla lettura di un articolo tratto, e modificato lievemente, dalla newsletter Le Scienze. In esso vengono presentate interessanti correlazioni tra dislessia, ritmo e linguaggio. Buona lettura.

neuroscienze apprendimento linguaggio
Il senso del ritmo è cruciale per il linguaggio

Il senso del ritmo è strettamente connesso alla comprensione della lingua parlata. Lo dimostra uno studio, che fa intravedere nuove strade d'intervento terapeutico per persone con difficoltà di lettura: un addestramento di tipo musicale, con particolare attenzione per la componente ritmica, potrebbe aiutare per rendere più solide le associazioni suono-significato, essenziali per l'apprendimento del linguaggio (red) 
Musica, senso del ritmo e capacità linguistiche: per il nostro cervello questi tre elementi sono strettamente collegati. Lo dimostra uno studio, apparso sul “Journal of Neuroscience”, firmato da un gruppo di ricercatori della Northwestern University, guidati da Nina Kraus, direttrice del Laboratorio di neuroscienze uditive, in base a una serie di test su un centinaio di studenti di scuola superiore. In particolare, lo studio dimostra, per la prima volta, l'esistenza di un collegamento neurobiologico tra la capacità di tenere il ritmo e quella di codificare i suoni della lingua parlata, con significative ricadute, per quanto sia possibile prevedere, sulle capacità di lettura. In passato una ricerca della stessa Kraus aveva stabilito una connessione sia tra capacità di lettura e senso del ritmo, sia tra capacità di lettura e coerenza delle risposte neurali. “Con questo risultato abbiamo chiuso il triangolo, per così dire”, sottolinea la Kraus. “Alla base di tutto c'è una sincronizzazione tra le regioni cerebrali responsabili dell'udito e quelle del movimento.”.


Il metronomo è uno strumento utilizzato dai musicisti per migliorare la capacità di tenere il ritmo mentre suonano. Chi è in grado di seguire più accuratamente i suoi rintocchi dimostra anche una maggiore coerenza delle onde cerebrali nell'udire la lingua parlata (© Ocean/Corbis)
Nel primo test, ai ragazzi veniva richiesto di seguire il ritmo di un metronomo picchiettando con le dita su una superficie, sotto alla quale erano posti dei sensori, che permettevano di misurare la precisione del battito. Nel secondo test, sugli stessi studenti veniva effettuato un elettroencefalogramma in grado di mostrare la coerenza delle loro risposte cerebrali mentre udivano una sillaba ripetuta più volte. Dal confronto dei dati registrati, è emerso che coloro che dimostravano le migliori capacità di mantenere il ritmo erano anche quelli che mostravano le risposte cerebrali più coerenti nella pronuncia delle sillabe. “Questa correlazione ha una precisa base neurobiologica”, spiega Kraus. “Le onde cerebrali, che misuriamo con l'elettroencefalogramma, hanno origine da un centro cerebrale di elaborazione delle informazioni uditive, con connessioni reciproche con i centri motori. Quindi un'attività che richiede la coordinazione dell'udito e del movimento, probabilmente, è collegata a una solida e accurata comunicazione tra diverse regioni cerebrali.”. Per gli autori, è immediato pensare a nuovi metodi per aiutare i soggetti dislessici a superare le difficoltà di lettura. “Il ritmo è parte integrante sia della musica sia del linguaggio, e, in particolare, il ritmo del linguaggio parlato è cruciale per la comprensione”, conclude la Kraus. Parlando, per esempio, si rallenta il ritmo per sottolineare una parola o un concetto; inoltre, lievi differenze di ritmo permettono di distinguere la 'b' dalla 'p': percepire le differenze di ritmo significa, quindi, saper identificare e distinguere i suoni e, in ultima istanza, comprendere il linguaggio.”. L'idea dei ricercatori è che un addestramento di tipo musicale, con una particolare attenzione per la componente ritmica, possa essere di aiuto per rendere più efficiente il sistema uditivo, portando così il soggetto a più solide associazioni suono-significato, essenziali per l'apprendimento e le capacità di lettura.
(18 settembre 2013)

lunedì 21 ottobre 2013

a cosa serve il cervello?

Gentilissimi, proviamo ad immaginare a cosa serva il cervello.
Possiamo distinguere sicuramente almeno quattro ambiti in cui il nostro cervello è quantomeno utile:
* controllo del proprio organismo
* relazioni con l'ambiente
* relazioni sociali, o con gli altri uomini
* relazioni con il "mondo della cultura"
Potremmo pure pensare al nostro pensiero. In questo caso possiamo parlare di "metapensiero", oppure, se preferite, di filosofia-religione-spiritualità. Penso, tuttavia, che anche questa forma di pensiero possa ricadere nel "mondo della cultura".
Anche l'immaginazione ha a che fare con tale ambito. EccoVi un articolo recente relativo a studi in questo settore. L'articolo è tratto, e parzialmente modificato, dalla newsletter Le Scienze. Buona lettura. NR

neuroscienze percezione
Come e dove nasce l'immaginazione umana
Identificata per la prima volta la rete diffusa di collegamenti neurali che entra in funzione quando manipoliamo immagini mentali. Comprendendo i meccanismi di questa attività immaginativa, su cui si basa la creatività umana, i ricercatori sperano, un giorno, di ricreare gli stessi processi creativi nelle macchine (red)
Per la prima volta un gruppo di ricercatori ha identificato dove e come si sviluppa nel cervello l'immaginazione, lo strumento mentale che permette all'uomo di inventare macchine, creare opere d'arte e, più in generale, avere un'eccezionale flessibilità di comportamenti. Come è illustrato in un articolo, pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, si tratta di una rete neurale diffusa su più aree cerebrali, un sottoinsieme delle quali contiene informazioni specifiche, relative a particolari e differenti tipi di manipolazioni mentali.  Gli studi neuroscientifici degli ultimi anni si sono concentrati sulle rappresentazioni mentali statiche più che sulle operazioni mentali che le riguardano. Si è così dimostrato, per esempio, che il contenuto della percezione visiva, le immagini visive, sogni inclusi, possono essere “decodificate” sulla base dell'attività nella corteccia visiva.  Questi risultati hanno suggerito che le stesse regioni che mediano le rappresentazioni a livello di percezione sensoriale siano coinvolte nei processi di immaginazione che prendono spunto da esse. Non era ancora chiaro, tuttavia, come facesse la mente a manipolare queste rappresentazioni: per esempio, a ottenere l'immagine di un calabrone con la testa di un toro a partire dall'immagine preesistente dei due animali .


Undici aree cerebrali mostrano specifici modelli di attivazione in funzione dei compiti mentali eseguiti. (Cortesia Alex Schlegel)

In questo nuovo studio  è stato chiesto a 15 volontari di eseguire quattro differenti tipi di compiti mentali, come immaginare  forme visive astratte per poi combinarle mentalmente in nuove figure più complesse o, al contrario, smontare mentalmente un'immagine  nelle sue singole parti. L'attività cerebrale dei partecipanti durante i test era analizzata con la risonanza magnetica funzionale.  L'analisi dei risultati ha rivelato l'esistenza di una rete corticale e sottocorticale, distribuita su gran parte del cervello, responsabile delle manipolazioni immaginate. Inoltre, sulla base del confronto fra i modelli di attivazione delle diverse aree nei differenti tipi di compiti, i ricercatori hanno ottenuto una conferma dell'ipotesi che alcune regioni contengono informazioni relative a specifiche operazioni mentali, e che questi modelli sono in grado di evolvere nel tempo, in parallelo con la manipolazione delle rappresentazioni mentali. "I nostri risultati ci permettono di capire meglio ciò che ci distingue dalle altre specie nell'organizzazione del cervello", dice Alex Schlegel, del Dartmouth College, a Hannover, e primo firmatario dell'articolo. "La comprensione di queste differenze potrà chiarire da dove viene la creatività umana e, forse, ci permetterà di ricreare quegli stessi processi creativi nelle macchine.".

(18 settembre 2013)

domenica 20 ottobre 2013

un divertente gioco con la tavola periodica degli elementi

Gentilissimi,
Vi lascio alla lettura di un divertente articolo pubblicato sulla newsletter Scienzainrete.
Dopo la lettura, provate ad inventare Voi frasi e poesie utilizzando i simboli degli elementi chimici.
L'articolo, come spesso accade, è stato lievemente modificato dalla Vostra nonna.

ARTICOLO SCIENZAINRETE: CHIMICA
Simboli in gioco di Marco Taddia Chimica Università di Bologna
I simboli degli elementi chimici sono stati introdotti, nella forma tuttora in uso, circa due secoli fa, dallo svedese Jöns Jacob Berzelius (Väversunda, 1779 – Stoccolma, 1848). Benché avesse incominciato ad utilizzarli alcuni anni prima, fu solo con due articoli, sugli Annals of Philosophy (1813, 1814), che la sua decisione divenne, per così dire, di dominio pubblico. Comunicò, infatti, che avrebbe preso come simbolo chimico l’iniziale del nome latino di ciascuna sostanza elementare ma dato che molte avevano la stessa iniziale era necessario operare ulteriori distinzioni. Nella classe dei metalloidi avrebbe impiegato la sola iniziale anche se questa era comune a qualche metallo; in quella dei metalli avrebbe impiegato le prime due lettere del nome, anche se la corrispondenza dell’iniziale si verificasse con un altro metallo o metalloide; se anche le prime due lettere erano comuni a due metalli diversi si aggiungeva all’iniziale la prima consonante non comune. A parte il primo caso di corrispondenza, non accettata dai successori, si può dire che la sua scelta è stata proprio indovinata. Prima di Berzelius, altri avevano tentato di dare simboli di vario tipo agli elementi chimici. Si ricordano Hassenfratz e Adet, Bergman, Dalton e Thomson. Tutto ciò è ben noto ai chimici e, per quanto attiene all’origine latina dei simboli, anche a molte persone di media cultura. Certo non è facile ricordare i simboli di tutti gli elementi riportati nella tavola periodica di Mendeleev, specialmente di quelli scoperti negli anni più vicini a noi, oppure di quelli che capita d’incontrare meno di frequente, come ad esempio quelli della serie dei lantanidi, detti anche “terre rare”. Come piccolo aiuto, in particolare per i ragazzi che studiano la “tavola” e un po’, si annoiano non apprezzandone subito l’intrinseca bellezza di catalogo della Natura, si può suggerire un gioco di abilità e fantasia. Si tratta di costruire parole unendo tra loro i simboli degli elementi. Ci ha provato, anni fa, la scrittrice spagnola Sophía Rhei (Madrid, 1978), autrice di libri di poesie e romanzi che hanno ottenuto vari riconoscimenti. Ad alcune sue poesie, raccolte nel volume Química (Chimica), pubblicato nel 2007 da El Gaviero Ediciones, la Rhei, che tra l’altro ha studiato alla Università di Castilla-La Mancha e alla Complutense, ha assegnato titoli composti in tal modo. Un esempio è quella intitolata “Incandescente” che dice: Il rumore di una sola goccia/ rompe, in direzione centrifuga,/ la tensione superficiale della realtà La parola “incandescente” deriva dai simboli degli elementi: indio (In), calcio (Ca), neodimio (Nd), einsteinio (Es), cerio (Ce), azoto (N) e tellurio (Te). Ciascuno potrà sbizzarrirsi a costruirne altre. Facile verificare, tavola periodica alla mano, che anche “alba”, “tacca”, “beccare”, “barare”, “erba”, “sostare”, “pasta”, “fatti”, “capace” e tante altre lo sono. Non risulta che la Rhei sia stata tradotta in italiano e dobbiamo la sua conoscenza, inclusa la traduzione di “Incandescente”, al bravo Stefano Bartezzaghi. La collana “I libri del Corriere della Sera”, edita da RCS MediaGroup, ha riproposto, poche settimane fa, un suo piccolo saggio, frutto di una conferenza tenuto al Festival della Mente di Sarzana 2008. In quell’occasione l’intervento di Stefano Bartezzaghi fu annunciato con il titolo “La creatività delle parole”, poi si trasformò in “L’elmo di Don Chisciotte, da Anassagora a Marcello Marchesi”. Dalla conferenza scaturì “L’elmo di Don Chisciotte. Contro la mitologia della creatività”, che fu pubblicato da Laterza, nel 2009, e che ora è stato ristampato. Stefano Bartezzaghi (1962) è un famoso scrittore e giornalista. Collabora da anni con il quotidiano “La Repubblica”, con il settimanale “L’Espresso” e la sua firma contribuisce, in maniera significativa, ad innalzarne lo spessore culturale. Lo fa in maniera discreta ma incisiva, così come ha scelto di definirsi (troppo) modestamente uno che “si occupa di giochi di parole e della loro storia”. In realtà è ben di più di un esperto di enigmistica, come verrebbe da pensare leggendo ciò che scrive e come sembrerebbe dalle sue “Lezioni di enigmistica” (Einaudi, 2001) e dal libro “L’orizzonte verticale. Invenzione e storia del cruciverba” (2007, 2013). Grazie a lui conosciamo questo modo insolito di prendere confidenza con la tavola di Mendeleev. (15 ottobre 2013)

Inviate pure le Vostre poesie e frasi. Saranno pubblicate sul presente blog (per quel che può valere). NR

sabato 19 ottobre 2013

suture del cranio (parte due)

Gentilissimi,
proseguiamo la nostra, e Vostra, divagazione sulle suture del cranio. Vi consiglio di rileggere il post precedente.
Vi lascio una immagine dall'alto delle suture stesse.
Oltre agli Egizi, pure molte altre civiltà, in particolare le civiltà precolombiane, erano solite, per motivi di prestigio e bellezza, comprimere, in vari modi, il cranio dei neonati. La compressione per gli olmechi era "a schiacciamento". Ecco una statua col cranio schiacciato.
Più frequentemente accadeva come per Nefertiti: il cranio era compresso lateralmente. EccoVi un esempio relativo ad una statua della cultura Paracas.
Tale compressione provocava un allungamento evidente del cranio. Tale effetto, dovuto ad intervento dell'uomo sul neonato, oppure genetico e, quindi, naturale, è detto "dolicocefalia". La persona con queste caratteristiche anatomiche è dolicocefala. Non furono solamente le culture non occidentali a prediligere e considerare segno di bellezza il cranio allungato in questo modo. In Italia molti principi e regnanti costringevano, è proprio il termine corretto, anche etimologicamente, le infanti ad un cranio dolicocefalo. EccoVi un ritratto di una giovane principessa italiana. L'autore del ritratto è Pisanello.
Anche in tempi a noi più vicini (ovviamente più vicini alla nonna che ai lettori) per alcuni artisti, come, per esempio, Modigliani, le ragazze con la "testa lunga" erano considerate modelle ideali e fidanzate ideali. Ecco un ritratto eseguito da Modigliani della sua amata Jeanne Hebuterne. 
Anche altre forme d'arte hanno avuto modo di prediligere questo tipo di bellezza. Ne è un esempio il libro di Segre dal titolo "Dolicocefala bionda". Il libro, scritto sotto lo pseudonimo di Pitigrilli, fu pubblicato nel 1936. Forse in qualche biblioteca, o mercatino di libri usati, potreste trovarne ancora qualche copia. 
Vi lascio, infine, uno studio interessante, se a Voi tale argomento, evidentemente, interessa, su questi che potremmo chiamare, colloquialmente, "interventi plastici su neonati". Il termine scientifico è, tuttavia, "plagiocefalia posizionale". Vi lascio il link relativo a questo studio scientifico.


E con questo ultimo invito, Vi lascio ai Vostri approfondimenti. 
Una nonna che, anni or sono, molti anni or sono, da lontano avrebbe potuto assomigliare alla graziosa Jeanne di Modì.
Nonna Rosa (dall'invidia, evidentemente!)

giovedì 17 ottobre 2013

suture del cranio (parte uno)

Gentilissimi,
parlando delle ossa del cranio sorgono numerose, e spesso spontanee, divagazioni.
Proviamo, usando l'anulare della Vostra mano non dominante, ossia la sinistra se siete destri, oppure la destra se siete mancini, provate a toccarVi la parte alta della testa. Se qualche alunna portasse i capelli raccolti, è invitata momentaneamente a scioglierli. Dalla parte alta, se facciamo scorrere l'anulare sulla sommità del capo, facendolo scorrere verso la fronte, seppur di poco, sentiamo che le ossa del cranio si incontrano seguendo una linea. Tale linea al tatto è "rugosa". In effetti è a zig zag. Si tratta di una sutura, ossia di una articolazione fissa del cranio. Scientificamente sarebbe meglio denominarle "sinartrosi", sebbene sia non comunemente utilizzato. Le ossa della calotta, o volta, cranica si incastrano una nell'altra. Tra le due ossa si inserisce un sottile strato di cartilagine. Questo meccanismo di "aggancio", in realtà, è uno strumento di difesa. Le ossa del cranio hanno funzione protettiva nei confronti del cervello. Se anche si dovesse prendere una botta, il cranio e le suture attutirebbero, e di molto, il colpo, impedendo eccessivi danni al cervello sottostante. Con l'avanzare dell'età le suture possono ossificarsi completamente. Nel prossimo pos una immagine relativa.

Nel bambino tali suture non sono ancora saldate perfettamente. Questo al fine di consentire uno sviluppo celere del cervello. I due punti in cui le ossa craniche non sono saldate sono dette, colloquialmente, "fontanelle". EccoVi una immagine relativa.

Lungo le linee di sutura si trovano cellule generatrici dell'osso, dette cellule osteogeniche. Le suture si classificano in base alla loro forma e tipologia di sovrapposizione. In Wikipedia, alla voce "Suture" si trovano tali classificazioni.
Il cranio, quindi, ha ossa che, in tenera età, sono parzialmente "malleabili". Tale fenomeno era già noto dall'antichità. I re, i faraoni, gli imperatori, che dovevano mostrare potere e bellezza, legavano la testa dei loro figli e delle loro figlie in modo che, da adolescenti, avessero la testa "allungata". A quei tempi, e non solo allora, una testa "lunga" era sinonimo di bellezza e fascino. Anche Nefertiti, o Nefertari, detta "la bella" avrebbe subito lo stesso destino, o, se preferite, tortura. Sia le numerose statue che la raffigurano sia la mummia che, secondo gli studiosi, è Nefertiti rappresentano una ragazza dal cranio allungato posteriormente. Ecco una immagine della mummia di Nefertiti.


Per ora è tutto. NR, "l'anti Nefertari", ora. 

lunedì 14 ottobre 2013

Videotrappole

Gentilissimi,
ho ricevuto link relativi alle videotrappole.
Si tratta di videocamere che, automaticamente, si attivano, solitamente in zone di "natura incontaminata", o in riserve e parchi naturali, al passaggio di animali di varie specie.
Tale metodologia di studio è a suffragio di ipotesi di presenza di animali, magari precedentemente suffragata da tracce e/o segni di una probabile presenza. Potremmo definire tale metodo "i-i", ossia icnologico-informatico.
GustateVi i video presenti ai seguenti link:

video 1
video 2
video 3
video 4
video 5
video 6
video 7
video 8
video 9
video 10

In alcuni momenti i video non sono correttamente fruibili. Se ciò dovesse verificarsi, provate in altro momento.
Buona visione! NR

dallo zigote alla nascita

Gentilissimi,
avete chiesto qualche immagine in cui sia presente lo sviluppo di un organismo dallo zigote alla nascita.
Ho trovato in rete un ottimo schema esemplificativo. Vi lascio il link di riferimento per la spiegazione:

sviluppo

Si tratta di un argomento molto complesso. Sappiatemi dire.
Ecco lo schema:

Anche in questo schema i termini sono complessi, tuttavia è ben rappresentato lo zigote, o meglio il momento della fecondazione (due posti in senso antiorario rispetto alla morula).