evoluzione neuroscienze
Il vantaggio di
"vedere" i suoni e "sentire" i colori
Le "bizzarre" connessioni tra aree
cerebrali, che caratterizzano chi sperimenta spontaneamente il fenomeno della
sinestesia, porterebbero a un potenziamento delle capacità di memoria e del
pensiero creativo. Questo spiegherebbe come mai il fenomeno, che ha una
componente ereditaria, possa essere sopravvissuto alle pressioni evolutive. (red)
La
sinestesia è un'esperienza percettiva in cui gli stimoli di un certo tipo
evocano sensazioni di un tipo differente: per esempio, "vedere" un
suono o "sentire" un colore. Il fenomeno può verificarsi in risposta
a farmaci, deprivazione sensoriale o danni cerebrali, ma, nel quattro per cento
circa della popolazione, si presenta in modo spontaneo, involontario,
automatico e stabile nel tempo. In questo caso, la sinestesia è legata a una
maggiore comunicazione tra le regioni sensoriali ed è stato dimostrato che ha
una componente genetica ereditaria. Questa
circostanza ha portato a chiedersi se la sinestesia sia un sottoprodotto di
qualche altro tratto utile, selezionato per tutt'altre ragioni, o se abbia
conferito, di per sé, qualche vantaggio selettivo che ne spieghi perché si è
conservata nella popolazione. In un articolo,
pubblicato su "PLoS Biology", David Brang e Vilayanur
S. Ramachandran, dell'Università della California, a
San Diego, sostengono la seconda ipotesi: la sinestesia sarebbe associata a
diversi vantaggi legati ai processi cognitivi, vantaggi che sarebbero alla base
della sua sopravvivenza alle pressioni evolutive. Ramachandran
e Brang ricordano, per esempio, due casi estremi in cui un soggetto aveva
sfruttato la sua sinestesia per memorizzare 22.514 cifre del pi greco, mentre
un altro poteva vantare una memoria prodigiosa, basata in gran parte
sull'utilizzo di associazioni sinestetiche evocate dagli oggetti da
memorizzare. Inoltre i due studiosi sottolineano che, in varie prove
sperimentali, chi "soffre" di sinestesia dimostra una capacità
mnemonica migliore rispetto ai soggetti di controllo, in particolare nei campi
in cui vi è un collegamento con le loro esperienze sinestetiche.
Ramachandran osserva
anche che la sinestesia appare sette volte più comune in artisti,
poeti e scrittori che nel resto della popolazione. Ciò suggerisce, come
si legge nell'articolo, che "se il gene, o i geni mutanti sono stati
espressi in modo diffuso in tutto il cervello (e non solo nelle regioni dei
colori e dei numeri), poiché concetti e idee sono anch'essi rappresentati in
differenti regioni cerebrali, allora un cervello dotato di 'connessioni
intrecciate' avrebbe una maggiore propensione a mettere in relazione fra loro
idee non correlate. Questa 'agenda nascosta' del gene della sinestesia, che
rende alcuni singoli individui più creativi", proseguono Ramachandran e
Brang, "può spiegare perché la sinestesia sia sopravvissuta: in questi
soggetti non aumentano solo le capacità mnemoniche, ma anche il pensiero
creativo.".
(22 novembre 2011)
Interessante, non credete? Una nonna dal gusto "appuntito", come un "vino rotondo".
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