domenica 13 dicembre 2015

Fauna di Chernobyl

Gentilissimi,
il Profeta Fiammeggiante, sperando sia clemente con una vecchia nonna, ha chiesto ulteriori informazioni su Chernobyl.
Vi lascio un recente articolo relativo al ritorno degli animali nella zona. Si tratta di un articolo tratto dalla newsletter Le scienze, solitamente lievemente modificato. Non fornisce indicazioni specifiche, tuttavia lascia presagire che, comunque, anche dopo un disastro di origine antropica, la natura possa riprendere ciò che le era stato tolto.
Sarebbe meglio che tali disastri si evitassero, comunque.
Buona lettura. NR, nonna Radioattiva? Speriamo di no!

Torna la fauna selvatica nell'area di Chernobyl
I censimenti condotti negli ultimi decenni, nella parte bielorussa della "zona di esclusione", intorno alla centrale, mostrano che il territorio è stato ricolonizzato da cervi, caprioli, cinghiali e lupi. Paradossalmente, la densità delle popolazioni di alcuni di questi animali è superiore a quella di altre regioni dell'ex Unione Sovietica e della stessa zona di Chernobyl prima della contaminazione radioattiva(red)
Da regione colpita da un disastro nucleare a riserva naturale per grandi mammiferi selvatici: sembra questo il destino paradossale dell'area di Chernobyl, secondo un nuovo studio, pubblicato, sulla rivista “Current Biology”, da Tatiana Deryabina, della Polessye Radioecological Reserve, a Choiniki, in Bielorussia, e colleghi di una collaborazione internazionale. Secondo i censimenti condotti negli ultimi decenni, infatti, il territorio intorno alla centrale è stato ricolonizzato da varie specie di cervi, caprioli, cinghiali e lupi. La centrale di Chernobyl, ora situata in territorio ucraino, a soli 16 chilometri dal confine con la Bielorussia, nel 1986 fu teatro del più grave incidente nucleare della storia: il materiale radioattivo fuoriuscito si diffuse nell'ambiente circostante, fino a raggiungere vaste regioni dell'Europa.

Un branco di cinghiali in un villaggio disabitato nell'area di Chernobyl (Cort. Valeriy Yurko)
Una delle misure di protezione, immediatamente dopo l'incidente, fu la creazione della cosiddetta zona di esclusione, con un raggio di 30 chilometri dall'impianto, che fu evacuata e messa sotto controllo militare. In seguito alla diffusione del materiale radioattivo, le dimensioni dell'area furono poi modificate, sulla base delle misurazioni del livello di cesio, fino a raggiungere un'estensione di 4200 chilometri quadrati, 2100 circa dei quali in territorio bielorusso, fanno ora parte della Riserva radioecologica di stato di Polessye. La riserva è un contesto ideale per studiare la capacità di recupero delle specie animali selvatiche dopo il depauperamento del 1986: i livelli di contaminazione radioattiva sono infatti molto simili a quelli della parte ucraina. Il nuovo studio, condotto analizzando i dati dei censimenti condotti negli ultimi decenni sorvolando la zona in elicottero, mostra che le popolazioni di mammiferi hanno recuperato, aumentando costantemente nei decenni. Secondo gli autori, le densità di popolazione di cervi, caprioli, cinghiali sono simili a quelle delle riserve naturali incontaminate della regione. Per quanto riguarda i lupi  che vivono all'interno della zona di Chernobyl, invece, il loro numero è addirittura sette volte maggiore di quelli registrati nelle stesse riserve. “Questo risultato dimostra, per la prima volta, che, indipendentemente, dalla potenziale esposizione alle radiazioni sui singoli animali, la zona proibita di Chernobyl ospita una numerosa comunità di mammiferi, dopo quasi tre decenni di esposizione cronica alla radiazione”, spiegano i ricercatori. L'incremento delle popolazioni di questi animali selvatici, paradossalmente, arriva in un momento in cui le stesse specie stanno diminuendo in diverse altre parti dell'ex Unione Sovietica. “È molto probabile che le popolazioni di animali selvatici siano più numerose ora di quanto non fossero prima dell'incidente”, ha concluso Jim Smith, ricercatore dell'Università di Portsmouth, nel Regno Unito, che ha partecipato allo studio. “Chiaramente, questo non significa che la contaminazione radioattiva sia una buona cosa per la vita selvatica, ma solo che gli insediamenti umani, la caccia e la deforestazione sono molto peggio.”.
(05 ottobre 2015)


Nessun commento:

Posta un commento