venerdì 25 settembre 2015

memoria proustiana

Gentilissimi,
come detto in un post precedente, tra i vari tipi di memoria possiamo annoverare la memoria autobiografica, o memoria episodica. Quando i ricordi episodici acquisiscono particolare nitidezza, coinvolgendo anche più sensi, si parla di memoria di Proust. Ecco, in proposito, un recente articolo in proposito. Come sempre l'articolo, tratto dalla newsletter Le Scienze, è stato lievemente modificato, al solo fine di renderlo maggiormente fruibile da alunni di scuola media.
Buona lettura!
P.S.: Bel ragazzo, Marcel, forse un poco timido! L'ho conosciuto personalmente e me ne ricordo come se fosse ieri. NR, nonna ricordante

neuroscienze memoria
Nel lobo temporale i segni del ricordo proustiano
I viaggi nel tempo mentali, in cui un ricordo si accompagna a molti particolari vividi, attivano la porzione posteriore di una regione cerebrale, chiamata lobo temporale mediale, mentre i ricordi isolati sono correlati all'attività della porzione anteriore. È quanto risulta da un modello dell'elaborazione cerebrale della memoria, testato su un gruppo di pazienti(red) 
In un celebre passaggio di Alla ricerca del tempo perduto, di Marcel Proust, il protagonista recupera alcuni vividi ricordi dell'infanzia, grazie al sapore di una madeleine intinta nel tè. L'esperienza narrata dal romanziere francese può essere considerata il prototipo di una sorta di “viaggio mentale nel tempo”, in cui la memoria di un evento è arricchita da una costellazione di dettagli. Un nuovo studio, apparso sulla rivista “Journal of Neuroscience”, e firmato da un gruppo di ricercatori della Vanderbilt University, chiarisce in che modo il cervello elabora i diversi tipi di ricordi, grazie all'analisi dell'attività cerebrale di volontari impegnati in un semplice test di memoria. “Capire quali siano le differenti regioni cerebrali coinvolte in questi viaggi nel tempo è molto importante”, ha spiegato Sean Polyn, che ha coordinato lo studio. “Malattie come l'Alzheimer e l'epilessia sono devastanti per la memoria, e questa informazione potrebbe consentire di preservare la memoria dei pazienti e di identificare gli effetti indesiderati dei nuovi farmaci psicotropi sulla memoria dei pazienti.”. Una regione temporale coinvolta nell'elaborazione dei ricordi è quella del lobo temporale mediale: danni a carico di questa regione determinano, infatti, amnesia e altri problemi correlati alla memoria. I ricordi, tuttavia, non sono tutti uguali: oltre ai viaggi nel tempo "proustiani", esistono anche ricordi ben definiti di una specifica situazione, ma non collegati ad altri ricordi di eventi molto vicini temporalmente a quella situazione. Polyn e colleghi hanno sviluppato un modello che rende conto di come le strutture del lobo temporale mediale supportano il recupero dei ricordi. Secondo questo modello, l'attivazione della porzione anteriore di questa regione segnala che un ricordo è stato recuperato, ma non indica quanto sia dettagliato; per contro, quando si attiva la porzione posteriore, significa che il soggetto sta sperimentando un “viaggio nel tempo”, con ricordi accompagnati da un numero notevole di dettagli. Per verificare come vengano elaborati dal cervello i due tipi opposti di ricordi, i ricercatori hanno effettuato scansioni di risonanza magnetica funzionale, per verificare l'attività delle diverse aree cerebrali, su 20 soggetti tra i 18 e i 35 anni, impegnati in test di memorizzazione di una lista di nomi. I dati hanno dimostrato che, quando un soggetto era sicuro di aver visto un certo nome, era più probabile che ricordasse anche il successivo nella lista. Questo dimostra che il cervello imprime i ricordi con un “codice temporale”, che collega suoni, profumi, emozioni e altre informazioni presenti al tempo di quell'esperienza. “I viaggi nel tempo permettono al cervello di recuperare il codice temporale, che rende accessibili i ricordi collegati”, ha concluso Polyn. In sostanza, il codice temporale è un po' come l'insieme dei metadati, come la data e l'ora, che, in un computer, sono associati a ciascun file, e che consentono di recuperare tutti i file salvati entro un certo intervallo di tempo. Secondo lo studio, il cervello può fare lo stesso, anche se in un modo più flessibile rispetto al computer.
(18 febbraio 2015)

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