lunedì 14 aprile 2014

musica e cervello

Gentilissimi,
Vi lascio ad una interessante lettura sul rapporto tra musica e neurotrasmettitori.
L'articolo, seppur non recente, è tratto dalla newsletter Le Scienze, come al solito lievemente modificato, per una più agevole lettura.
NR

neuroscienze percezione arte
Il piacere della musica "visto" dal cervello

Due nuovi studi indagano sugli aspetti cerebrali del piacere che si prova ascoltando musica: il primo dimostra che un brano musicale suscita piacere anche se ascoltato per la prima volta, grazie all'attivazione di aree legate ai meccanismi di aspettativa e ricompensa; il secondo che, al di là delle differenze individuali, l'ascolto della musica classica evoca in tutti lo stesso schema di attivazione delle strutture cerebrali (red) 
La musica è presente in tutte le culture fin dalla preistoria, ma ancora non è chiaro quale sia l’origine della gratificazione che proviamo ascoltandola. Due studi, appena pubblicati, contribuiscono a far luce sui meccanismi cerebrali coinvolti nel piacere della musica. Come si legge su "Science", Valorie N. Salimpoor e colleghi, del Montreal Neurological Institute, della McGill University, hanno analizzato i processi neurali di volontari che ascoltavano, per la prima volta, alcuni brani musicali. Per dare modo agli sperimentatori di valutare il grado di piacere evocato dalla musica, i soggetti partecipavano a una sorta di asta, in cui potevano fare un’offerta per riascoltare un determinato brano. “Visualizzando l'attività di una particolare area cerebrale, il nucleus accumbens, coinvolto nei meccanismi di ricompensa, è stato possibile prevedere, in modo affidabile, se i soggetti avrebbero offerto del denaro per riascoltare un certo brano”, spiega Salimpoor. Il coinvolgimento del nucleus accumbens conferma recenti indicazioni sul fatto che l'effetto emotivo della musica attiverebbe meccanismi di aspettativa e di anticipazione di uno stimolo desiderabile, mediati dal neurotrasmettitore dopamina: quando si tratta di un brano già familiare, il meccanismo dell’aspettativa sarebbe evocato dall'anticipazione mentale dei passaggi più godibili. Nella ricerca di Salimpoor, tuttavia, la musica non era conosciuta, ma la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che le aree attivate e la mediazione dopaminergica erano le stesse di brani già noti. La causa, secondo i ricercatori, è una “conoscenza implicita” della musica, ottenuta nel corso degli anni interiorizzando la struttura della musica caratteristica di una certa cultura. L’attività del nucleus accumbens, inoltre, non è isolata, ma coinvolge anche la corteccia uditiva, che conserva le informazioni sui suoni e sulla musica: nel corso dei test, quanto più il pezzo era gratificante, tanto più intensa era la comunicazione incrociata tra le diverse regioni cerebrali. Questo risultato supporta l'idea secondo cui la capacità di apprezzare la musica faccia riferimento non solo agli aspetti emotivi, ma anche a valutazioni di carattere cognitivo. Sullo stesso tema, Vinod Menon e colleghi, della Stanford University School of Medicine, autori di un articolo pubblicato sullo “European Journal of Neuroscience”, hanno dimostrato che l'ascolto della musica classica evoca un unico schema di attivazione delle aree del cervello, a dispetto delle differenze tra le persone. Il team ha registrato l'attivazione di diverse aree cerebrali di volontari che ascoltavano brani di William Boyce, un compositore inglese del XVIII secolo, oppure brani di “pseudo-musica”, cioè successioni di stimoli uditivi ottenuti alterando i brani di Boyce con appositi algoritmi al computer. E' stata così identificata una rete distribuita di strutture cerebrali i cui livelli di attività seguivano un andamento, simile in tutti i soggetti, durante l'ascolto dei brani musicali, ma non durante quello della pseudo-musica. “Con il nostro studio abbiamo dimostrato, per la prima volta che, nonostante le differenze individuali, la musica classica evoca, in soggetti diversi, un unico schema molto coerente di attività in varie strutture della corteccia fronto-parietale, comprese quelle coinvolte nella pianificazione del movimento, della memoria e dell’attenzione”, spiega Menon. Queste regioni, in particolare, partecipavano, ognuna con un proprio tasso di attivazione, all’elaborazione di quanto veniva udito, contribuendo a dare un senso, alla struttura complessiva dei brani musicali. Particolarmente curiosa appare l’attivazione preferenziale dei centri di pianificazione motoria in risposta alla musica ma non alla pseudo-musica: secondo gli autori, si tratta di un “correlato neurale” della tendenza spontanea ad accompagnare l’ascolto della musica con movimenti del corpo, come nella danza, o, semplicemente, battendo le mani.
(15 aprile 2013)

Nessun commento:

Posta un commento