già in altre occasioni abbiamo parlato di HIV, proponendo articoli di approfondimento scientifico.
EccoVi un nuovo approfondimento, tratto, e lievemente modificato, dalla newsletter Le Scienze.
Come sempre buona lettura! NR
immunologia
medicina
microbiologia
La struttura del
"rampino d'arrembaggio" dell'HIV
©
3d4Medical.com/Corbis
Grazie a tecniche d'avanguardia, è stata definita, con precisione, la
struttura della proteina complessa che permette al virus di attaccarsi alle cellule
del sistema immunitario, penetrandone all'interno. La scoperta apre le porte a
nuove opportunità di progettazione di vaccini contro la malattia (red)
Utilizzando due differenti tecniche
d'avanguardia di ingegneria proteica e di visualizzazione di ingegneria
proteica, un gruppo di biologi è riuscito a fornire un quadro dettagliato della
proteina di superficie del virus dell'HIV, che ha un ruolo centrale nel
consentire all'agente patogeno di penetrare all'interno delle cellule del
sistema immunitario e scatenare l'infezione. Il risultato, descritto in
due articoli pubblicati su “Science”, appare di rilevanza fondamentale per una
migliore comprensione dei meccanismi di accesso del virus all'organismo umano,
ma ancor più per lo sviluppo di potenziali vaccini, dato che la molecola
descritta costituisce, di fatto, l'unico antigene virale codificato sulla
superficie del virus HIV, vale a dire l'unico bersaglio utile sia per gli
anticorpi naturali sia per futuri vaccini. La proteina in questione, il trimero
Env ancorato al capside dell'HIV, è in realtà una proteina complessa, formata
da tre strutture sostanzialmente identiche collegate fra loro, che danno al tutto
un aspetto che ricorda un fungo, ciascuna delle quali è costituita da una
piccola glicoproteina, gp41, che forma il “gambo” e una più grande, gp120, che
forma il “cappello”. Dalla membrana di una tipica particella virale
spuntano circa 15 di questi trimeri Env, pronti ad agganciarsi alle cellule
umane sensibili. Pur essendo esposto al sistema immunitario, il trimero Env ha
evoluto una strategia per eluderne l'attacco: muta frequentemente le sue
regioni più periferiche ed esposte, rendendone difficile il riconoscimento da
parte degli anticorpi.
Le immagini della proteina Env ottenute con criomicroscopia elettronica (a sinistra) e con
cristallografia a raggi X. (Cortesia Scripps Research Institute/Science/AAAS)
Per progettare un vaccino a prova di
mutazioni è quindi necessario studiare la struttura di tutta la proteina Env a
scala atomica, per individuare i possibili siti di attacco degli anticorpi non
soggetti a mutazioni. Purtroppo il trimero Env è estremamente delicato e
le usuali tecniche di identificazione strutturale lo frantumano, permettendo la
definizione imprecisa di alcune sue parti e non permettendo la definizione
complessiva dell'articolata proteina. Per
aggirare il problema, i ricercatori del Scripps Research Institute, a La Jolla,
in California, e della Cornell University hanno quindi pensato di ricopiare il
trimero Env con tecniche di ingegneria proteica, aggiungendo, nei suoi punti di
maggiore fragilità, alcuni piccoli “elementi di sostegno” che ne impedissero la
frantumazione durante le procedure di definizione della struttura. In
questo modo i ricercatori sono riusciti nell'intento di caratterizzare Env
sfruttando due tecniche differenti, con la criomicroscopia elettronica e con la
cristallografia a raggi X (che consente una
risoluzione visiva maggiore), descritte, rispettivamente, negli articoli a prima firma Dimtry
Lyumkis e Jean-Philippe Julien, con
risultati concordanti.
(05 novembre 2013)
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