venerdì 25 aprile 2014

un approfondimento sui "poppers"

Gentilissimi,
già in altre occasioni abbiamo avuto modo di parlare di una serie di droghe e sostanze stupefacenti chiamate comunemente "poppers". EccoVi un ulteriore approfondimento. Lo potete trovare al link seguente:

poppers

Buona lettura! NR

il "rampino d'arrembaggio" del virus HIV

Gentilissimi,
già in altre occasioni abbiamo parlato di HIV, proponendo articoli di approfondimento scientifico.
EccoVi un nuovo approfondimento, tratto, e lievemente modificato, dalla newsletter Le Scienze.
Come sempre buona lettura! NR

immunologia medicina microbiologia
La struttura del "rampino d'arrembaggio" dell'HIV

© 3d4Medical.com/Corbis
Grazie a tecniche d'avanguardia, è stata definita, con precisione, la struttura della proteina complessa che permette al virus di attaccarsi alle cellule del sistema immunitario, penetrandone all'interno. La scoperta apre le porte a nuove opportunità di progettazione di vaccini contro la malattia (red)
Utilizzando due differenti tecniche d'avanguardia di ingegneria proteica e di visualizzazione di ingegneria proteica, un gruppo di biologi è riuscito a fornire un quadro dettagliato della proteina di superficie del virus dell'HIV, che ha un ruolo centrale nel consentire all'agente patogeno di penetrare all'interno delle cellule del sistema immunitario e scatenare l'infezione. Il risultato, descritto in due articoli pubblicati su “Science”, appare di rilevanza fondamentale per una migliore comprensione dei meccanismi di accesso del virus all'organismo umano, ma ancor più per lo sviluppo di potenziali vaccini, dato che la molecola descritta costituisce, di fatto, l'unico antigene virale codificato sulla superficie del virus HIV, vale a dire l'unico bersaglio utile sia per gli anticorpi naturali sia per futuri vaccini. La proteina in questione, il trimero Env ancorato al capside dell'HIV, è in realtà una proteina complessa, formata da tre strutture sostanzialmente identiche collegate fra loro, che danno al tutto un aspetto che ricorda un fungo, ciascuna delle quali è costituita da una piccola glicoproteina, gp41, che forma il “gambo” e una più grande, gp120, che forma il “cappello”. Dalla membrana di una tipica particella virale spuntano circa 15 di questi trimeri Env, pronti ad agganciarsi alle cellule umane sensibili. Pur essendo esposto al sistema immunitario, il trimero Env ha evoluto una strategia per eluderne l'attacco: muta frequentemente le sue regioni più periferiche ed esposte, rendendone difficile il riconoscimento da parte degli anticorpi.

Le immagini della proteina Env ottenute con criomicroscopia elettronica (a sinistra) e con cristallografia a raggi X. (Cortesia Scripps Research Institute/Science/AAAS)
Per progettare un vaccino a prova di mutazioni è quindi necessario studiare la struttura di tutta la proteina Env a scala atomica, per individuare i possibili siti di attacco degli anticorpi non soggetti a mutazioni. Purtroppo il trimero Env è estremamente delicato e le usuali tecniche di identificazione strutturale lo frantumano, permettendo la definizione imprecisa di alcune sue parti e non permettendo la definizione complessiva  dell'articolata proteina. Per aggirare il problema, i ricercatori del Scripps Research Institute, a La Jolla, in California, e della Cornell University hanno quindi pensato di ricopiare il trimero Env con tecniche di ingegneria proteica, aggiungendo, nei suoi punti di maggiore fragilità, alcuni piccoli “elementi di sostegno” che ne impedissero la frantumazione durante le procedure di definizione della struttura. In questo modo i ricercatori sono riusciti nell'intento di caratterizzare Env sfruttando due tecniche differenti, con la criomicroscopia elettronica e con la cristallografia a raggi X (che consente una risoluzione visiva maggiore), descritte, rispettivamente, negli articoli a prima firma Dimtry Lyumkis e Jean-Philippe Julien, con risultati concordanti.

(05 novembre 2013)

animazione di una camminata di dinosauro

Gentilissimi,
ho trovato una breve e simpatica animazione su come avrebbero potuto camminare i dinosauri.
EccoVi il relativo link:

camminata di dinosauro

A me, vecchia dinosaura, è sembrato un video simpatico. NR

mercoledì 23 aprile 2014

due articoli sulla sinestesia

Gentilissimi, già in altre occasioni il Vostro blog preferito ha proposto approfondimenti sulla sinestesia.
Si continua con due articoli tratti dalla newsletter Scienzainrete. EccoVi i relativi link:

sinestesia 1

sinestesia 2

Buona lettura! NR

lunedì 21 aprile 2014

L-PROLINA

Gentilissimi, eccoVi un interessante articolo tratto e modificato dalla newsletter Scienzainrete.
Anche per tale newsletter l'iscrizione è gratuita. Buona lettura. NR

ARTICOLO SCIENZAINRETE: CNR 
L-Prolina, il ‘motore’ delle cellule staminali 
Modifica il comportamento delle cellule staminali pluripotenti, dando loro la capacità di muoversi e di invadere i tessuti generando metastasi. A innescare tutto questo, un semplice aminoacido, chiamato L-Prolina, uno dei tanti ‘mattoni’ che compongono le proteine cellulari. È quanto emerge da uno studio sulla regolazione di motilità, invasività e capacità metastatica delle staminali, che ha coinvolto i ricercatori degli Istituti di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” (Igb-Cnr), di Napoli, e, per le applicazioni del calcolo, “Mauro Picone” (Iac-Cnr), di Roma, del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l'Institute of Molecular Oncology Foundation (Ifom), di Milano. La ricerca è stata pubblicata su Stem Cell Reports (open access journal of Cell Press) e ha ricevuto la copertina del numero di Ottobre. “Grazie a questo lavoro, è stato possibile identificare un meccanismo che permette a una cellula staminale pluripotente di acquisire la capacità di muoversi e di invadere i tessuti, un fenomeno cruciale per la formazione delle metastasi tumorali”, affermano Gabriella Minchiotti e Maria Rosaria Matarazzo, ricercatrici dell’Igb-Cnr. La rilevanza di questa scoperta “risiede nel fatto che questo fenomeno non è innescato da alterazioni genetiche o da un fattore di crescita, bensì dalla proprietà dell’aminoacido L-Prolina di modificare l’espressione dei geni, senza alterare, mutare né modificare la sequenza del DNA delle cellule.”. Lo studio ha dimostrato che il ruolo chiave nella regolazione della motilità/invasività cellulare di L-Prolina è legato alla sua capacità di indurre particolari cambiamenti epigenetici che modificano l’espressione genica, “innescando nelle staminali un processo di EMT (Epithelial to Mesenchymal Transition), un fenomeno simile a quello che induce la formazione delle metastasi e, quindi, determina la disseminazione tumorale”, aggiungono le ricercatrici. “La transizione EMT è regolata dal microambiente cellulare, in particolare dalla matrice extracellulare (ECM), molto ricca in collagene, una proteina composta principalmente da prolina, che si rende disponibile in seguito alla degradazione della ECM durante la crescita e l’invasione tumorale.”. Da qui l’idea che la L-Prolina sia un segnale chiave nel regolare la motilità/invasività cellulare. “Il fatto che un aminoacido sia in grado di modificare il profilo epigenetico di una cellula staminale e trasformare profondamente il suo comportamento è una scoperta entusiasmante”, concludono Minchiotti e Matarazzo, “e, anche se non ha ricadute terapeutiche immediate, apre nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi che sono alla base della progressione tumorale.”. Ufficio stampa CNR (18 ottobre 2013)

lunedì 14 aprile 2014

musica e cervello

Gentilissimi,
Vi lascio ad una interessante lettura sul rapporto tra musica e neurotrasmettitori.
L'articolo, seppur non recente, è tratto dalla newsletter Le Scienze, come al solito lievemente modificato, per una più agevole lettura.
NR

neuroscienze percezione arte
Il piacere della musica "visto" dal cervello

Due nuovi studi indagano sugli aspetti cerebrali del piacere che si prova ascoltando musica: il primo dimostra che un brano musicale suscita piacere anche se ascoltato per la prima volta, grazie all'attivazione di aree legate ai meccanismi di aspettativa e ricompensa; il secondo che, al di là delle differenze individuali, l'ascolto della musica classica evoca in tutti lo stesso schema di attivazione delle strutture cerebrali (red) 
La musica è presente in tutte le culture fin dalla preistoria, ma ancora non è chiaro quale sia l’origine della gratificazione che proviamo ascoltandola. Due studi, appena pubblicati, contribuiscono a far luce sui meccanismi cerebrali coinvolti nel piacere della musica. Come si legge su "Science", Valorie N. Salimpoor e colleghi, del Montreal Neurological Institute, della McGill University, hanno analizzato i processi neurali di volontari che ascoltavano, per la prima volta, alcuni brani musicali. Per dare modo agli sperimentatori di valutare il grado di piacere evocato dalla musica, i soggetti partecipavano a una sorta di asta, in cui potevano fare un’offerta per riascoltare un determinato brano. “Visualizzando l'attività di una particolare area cerebrale, il nucleus accumbens, coinvolto nei meccanismi di ricompensa, è stato possibile prevedere, in modo affidabile, se i soggetti avrebbero offerto del denaro per riascoltare un certo brano”, spiega Salimpoor. Il coinvolgimento del nucleus accumbens conferma recenti indicazioni sul fatto che l'effetto emotivo della musica attiverebbe meccanismi di aspettativa e di anticipazione di uno stimolo desiderabile, mediati dal neurotrasmettitore dopamina: quando si tratta di un brano già familiare, il meccanismo dell’aspettativa sarebbe evocato dall'anticipazione mentale dei passaggi più godibili. Nella ricerca di Salimpoor, tuttavia, la musica non era conosciuta, ma la risonanza magnetica funzionale ha mostrato che le aree attivate e la mediazione dopaminergica erano le stesse di brani già noti. La causa, secondo i ricercatori, è una “conoscenza implicita” della musica, ottenuta nel corso degli anni interiorizzando la struttura della musica caratteristica di una certa cultura. L’attività del nucleus accumbens, inoltre, non è isolata, ma coinvolge anche la corteccia uditiva, che conserva le informazioni sui suoni e sulla musica: nel corso dei test, quanto più il pezzo era gratificante, tanto più intensa era la comunicazione incrociata tra le diverse regioni cerebrali. Questo risultato supporta l'idea secondo cui la capacità di apprezzare la musica faccia riferimento non solo agli aspetti emotivi, ma anche a valutazioni di carattere cognitivo. Sullo stesso tema, Vinod Menon e colleghi, della Stanford University School of Medicine, autori di un articolo pubblicato sullo “European Journal of Neuroscience”, hanno dimostrato che l'ascolto della musica classica evoca un unico schema di attivazione delle aree del cervello, a dispetto delle differenze tra le persone. Il team ha registrato l'attivazione di diverse aree cerebrali di volontari che ascoltavano brani di William Boyce, un compositore inglese del XVIII secolo, oppure brani di “pseudo-musica”, cioè successioni di stimoli uditivi ottenuti alterando i brani di Boyce con appositi algoritmi al computer. E' stata così identificata una rete distribuita di strutture cerebrali i cui livelli di attività seguivano un andamento, simile in tutti i soggetti, durante l'ascolto dei brani musicali, ma non durante quello della pseudo-musica. “Con il nostro studio abbiamo dimostrato, per la prima volta che, nonostante le differenze individuali, la musica classica evoca, in soggetti diversi, un unico schema molto coerente di attività in varie strutture della corteccia fronto-parietale, comprese quelle coinvolte nella pianificazione del movimento, della memoria e dell’attenzione”, spiega Menon. Queste regioni, in particolare, partecipavano, ognuna con un proprio tasso di attivazione, all’elaborazione di quanto veniva udito, contribuendo a dare un senso, alla struttura complessiva dei brani musicali. Particolarmente curiosa appare l’attivazione preferenziale dei centri di pianificazione motoria in risposta alla musica ma non alla pseudo-musica: secondo gli autori, si tratta di un “correlato neurale” della tendenza spontanea ad accompagnare l’ascolto della musica con movimenti del corpo, come nella danza, o, semplicemente, battendo le mani.
(15 aprile 2013)

giovedì 10 aprile 2014

DISLESSIA, VISTA E UDITO

Gentilissimi, Vi lascio un articolo, seppur non troppo recente, tratto dalla newsletter Le Scienze.
Buona lettura! E ricordateVi l'effetto "McGurk"! NR

percezione neuroscienze
Quando vista e udito entrano in conflitto

© Alberto Ruggieri/Illustration Works/Corbis 
La comprensione del linguaggio parlato dipende dalla vista più di quanto ipotizzato. In contesti che possono generare incertezza tra visione e udito, le informazioni relative al labiale, provenienti dalla corteccia visiva, hanno la precedenza rispetto a quelle uditive, creando un'efficace illusione (red) 
Udito e vista sono collegati e, in molte occasioni, la nostra comprensione del linguaggio dipende da quello che vediamo perché, per usare una metafora informatica, nelle situazioni ambigue, i circuiti cerebrali della vista sovrascrivono le informazioni in loro possesso sui "file" elaborati dal sistema cerebrale uditivo. A dimostrarlo è una ricerca, effettuata da un gruppo di neuroscienziati dell'Università dello Utah, a Salt Lake City, che firmano un articolo, pubblicato sulla rivista “PLoS ONE”. Che a volte la vista possa prevaricare l'udito, in quello che è chiamato “effetto McGurk”, è noto dagli anni settanta. Tuttavia, fino a oggi, erano rimasti oscuri i meccanismi che presiedono alla manifestazione di questo effetto. Ora, grazie alla collaborazione di quattro volontari, ai quali, in previsione di un intervento chirurgico per la terapia di una grave forma di epilessia, erano stati impiantati nel cervello alcuni elettrodi, Elliot Smith e colleghi hanno potuto registrare e analizzare i segnali cerebrali nella regione del cervello che elabora il suono, ovvero la corteccia temporale, e venire a capo della questione.

© Images.com/Corbis 
Ai soggetti sono stati mostrati video, con sonoro, in cui si vedeva la bocca di una persona che pronunciava una di quattro possibili sillabe; in alcuni di questi video, però, i movimenti della bocca non corrispondevano a quelli tipici della sillaba associata al filmato. Quando il video mostrava il labiale corrispondente alla sillaba proposta dal sonoro i soggetti non avevano alcun problema a identificarla correttamente, e anche quando il video mostrava la pronuncia una sillaba molto diversa da quella emessa dall'altoparlante, creando un effetto analogo a quello di un film doppiato male, i soggetti percepivano quella proposta dall'audio. Tuttavia, quando immagini e audio erano solo leggermente differenti, come per esempio nelle sillabe “ba” e “va”, i soggetti identificavano come pronunciata la sillaba che in realtà era stata solo vista, ma non udita. In particolare, durante la percezione delle sillabe, i ricercatori hanno potuto osservare che, dalla corteccia occipitale, le informazioni visive che vi vengono elaborate sono inviate verso la corteccia uditiva del giro temporale superiore, l'area uditiva primaria, dimostrando che gli stimoli visivi influenzano la rappresentazione neurale del suono udito fin dalle sue prime fasi. Questi risultati possono contribuire a chiarire sia i meccanismi che nei bambini piccoli consentono di associare i suoni al movimento delle labbra per imparare la lingua, sia i problemi di integrazione fra stimoli visivi e uditivi che emergono nella dislessia.
(10 settembre 2013)

venerdì 4 aprile 2014

un articolo di approfondimento di genetica

Gentilissimi,
dopo aver risposto a LaSaretta, Vi lascio ad un interessante articolo di approfondimento di genetica. L'articolo è stato tratto, e lievemente modificato, dalla newsletter Le Scienze. Buona lettura! NR

riproduzione biologia dello sviluppo genetica
La fragilità dello sviluppo sessuale maschile 
Durante lo sviluppo fetale, il programma genetico che porta all'espressione dei caratteri sessuali maschili può essere facilmente alterato con lievi mutazioni a carico di un gene situato sul cromosoma Y. Lo ha dimostrato un nuovo studio su due varianti del gene che caratterizzano la sindrome di Swyer, in cui una persona con caratteri fenotipici femminili ha però una coppia di cromosomi XY (red) 
Nell’essere umano, lo sviluppo sessuale maschile è meno stabile rispetto ad altri programmi genetici: è quanto hanno concluso Yen-Shan Chen e colleghi, della facoltà di medicina della Case Western University, in uno studio, pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences”, che ha analizzato gli effetti di due mutazioni a carico di uno specifico gene sul cromosoma Y. All'inizio della gestazione, anche nel feto di sesso maschile si sviluppano i tessuti di organi femminili; solo in seguito inizia l'espressione del gene Sry, localizzato sul cromosoma Y, il quale, codificando per il fattore di trascrizione SRY, innesca la trasformazione dei tessuti femminili in maschili, tramite l'attivazione di un altro gene, il Sox9, che regola la determinazione del sesso in tutti i vertebrati. La formazione dei testicoli dà poi il via alla produzione del testosterone e alla formazione dei genitali esterni. In alcuni casi, però, una mutazione sul gene Sry impedisce questa trasformazione: il feto, e successivamente il bambino, mantiene i caratteri fenotipici femminili, anche se i tessuti interni dell'utero e delle tube di Falloppio non sono funzionali, e l'individuo è sterile (disgenesi gonadica). In questo disturbo genetico, noto come sindrome di Swyer, il cromosoma Y, e quindi anche il gene Sry mutato, sono ereditati dal padre, che è un individuo di sesso maschile evidentemente fertile. Qual è allora il meccanismo di attivazione del gene Sry, che viene reso labile dalla mutazione?
Cromosomi sessuali X e Y: una lieve mutazione può portare a un individuo con fenotipo femminile ma sterile                                                             (© Medimage3D/Corbis)
Grazie a una sperimentazione su topi mutanti, Yen-Shan Chen e colleghi hanno dimostrato che le due varianti del gene Sry, responsabili della sindrome di Swyer, determinano una perdita di funzionalità del fattore di trascrizione SRY. La sorpresa è che questa perdita è di entità molto lieve. “Ci aspettavamo di trovare una diminuzione della funzionalità biochimica di un fattore 100, equivalente a una grave alterazione dei meccanismi di sviluppo sessuale”, spiega Michael Weiss, che ha coordinato la ricerca. “Invece si tratta solo di un fattore due: ciò significa che la soglia che può portare a una disgenesi gonadica è molto bassa.”. A differenza di altri programmi genetici all'opera nel corso dello sviluppo fetale, dunque, quello dello sviluppo sessuale maschile è molto più esposto a possibili alterazioni: la funzionalità del gene Sry è, per così dire, molto vicina al confine dell'infertilità, il che rappresenta un paradosso, tenuto conto dell'importanza della riproduzione in una prospettiva evoluzionistica. “Un principio generale della biologia dello sviluppo è che l'evoluzione favorisce i processi affidabili”, spiega Weiss. “Questa affidabilità assicura che i nostri programmi genetici diano origine a un piano di sviluppo coerente dell'organismo, assicurando che i nuovi nati abbiano un cuore, due braccia, dieci dita e così via.”. Per capire come si sia mantenuto, nel corso dell'evoluzione, un meccanismo di differenziazione sessuale così fragile, occorre tenere conto degli effetti a lungo termine della produzione di testosterone da parte dei testicoli: questo ormone, infatti, influenza, in una finestra temporale critica, lo sviluppo del sistema nervoso centrale, sviluppo che, a sua volta, influenza le competenze sociali del soggetto. In definitiva, secondo gli autori, questa labilità di espressione del gene Sry ha determinato sì un inconveniente per la riproduzione, ma ha anche una notevole variabilità dello sviluppo maschile fin dalle prime fasi fetali, permettendo ai gruppi sociali dei primi esseri umani di disporre di soggetti maschi con diverse competenze. E questo può aver favorito la sopravvivenza del gruppo più di quanto potesse farlo una maggiore affidabilità nello sviluppo sessuale.
(04 settembre 2013)

una risposta a LaSaretta

Gentilissimi, LaSaretta ha pubblicato un commento di genetica, in vista del prossimo esame di stato.
Lo riporto con commenti e spiegazioni. Indico con LS il commento e con NR le risposte-spiegazioni.

LS: esercizio 1:Analizza il caso di madre Albina (aa=recessivo) e padre portatore sano (Aa).
2/4-50 %= Aa: 
F: UOMO SANO 
G: ETEROZIGOTE PORTATORE SANO IBRIDO 2 GENERAZIONE
2/4-50 %= aa:
F:UOMO MALATO-ALBINO
G:OMOZIGOTE MALATO-ALBINO LINEA PURA-RECESSIVO
NR: Gentilissima, non è possibile stabilire, utilizzando cromosomi "non sessuali" se si tratti di un uomo o di una donna. Ciò per la terza legge di Mendel. Sebbene essa sia stata, in alcuni casi, smentita da recenti studi, per alcuni caratteri, essa dice che, come riporti, indicandola, erroneamente, come "2legge di Mendel", "i caratteri si trasmettono indipendentemente uno dall'altro". Chiedo, ovviamente, scusa per la non correttezza, anche lessicale dei termini da me usati.


LS: Domande: 1- secondo te la produzione di Melanina a quale legge di Mendel fa riferimento? La produzione di Melanina o meno fa riferimento alla 2 legge di Mendel: ogni carattere viene trasmesso indipendentemente da altri
NR: Come spiegato in precedenza, si tratta della terza legge di Mendel. La produzione di melanina influisce sul colore della pelle e sulla abbronzatura. Esistono differenti colori della pelle nell'uomo. Secondo alcuni studiosi 13, secondo altri studiosi qualcuno in più. Solo chi non sa osservare non riesce a cogliere che 2 o 3 colori. Il colore della pelle, se non erro, è un caso di codominanza incompleta.


LS: 2- Fai un esempio di carattere codominante imperfetto nell'uomo. Capelli Rossi-capellli Biondi (RB)
NR: l'esempio mi pare non preciso. Innanzitutto, poiché si tratta di caratteri considerati recessivi, sarebbe meglio indicarli con lettera minuscola (rb). Per evitare confusione, forse, sarebbe più opportuno indicare capelli castani-capelli biondi


LS: ESERCIZIO 2:
-rappresenta la 2 legge di Mendel tra un seme liscio (Lr) e un seme rugoso (Lr)
NR: A mio avviso hai scritto, o letto, male il testo. Se non erro il seme rugoso è un carattere recessivo. Poiché "si vede" che il seme è rugoso, ciò significa che il carattere recessivo compare nel fenotipo. Ciò avviene solo nei genotipi omozigoti di linea pura, evidentemente recessiva. Per questo la tabella dovrebbe essere (LL) e (rr), oppure, se il seme liscio ha genotipo eterozigote, come sembra nel Tuo caso, l'incrocio sarebbe tra (Lr) e (rr). Se così fosse non sarebbe, propriamente, la seconda legge di Mendel


LS: 2/4-50%=Lr
F: seme liscio dominante
G: eterozigote ibrido di 2 generazione
1/4-25%: rr
F:seme rugoso recessivo
G: omozigote di linea pura
1/4-25%=LL
F:seme liscio dominante
G:omozigote linea pura
NR: analisi corretta, per cui hai scritto male il testo


LS: DOMANDE:
1-cosa si intende con eterozigote? con eterozigote si intende un individuo con alleli di un certo carattere diversi
NR: corretto. Sarebbe stato maggiormente preciso spostare l'aggettivo dopo la parola "allele"


LS: 2- significato di dominante e recessivo. fai un esempio nell'uomo.
Dominante: caratteristica che domina sulle altre. infatti nel fenotipo prevalgono queste caratteristiche
Recessivo: caratteristiche rare che non dominano su altre.
esempio: dominante: capelli neri e ricci 
recessivo: capelli lisci e rossi
NR: da migliorare la spiegazione, comunque corretta

E se la nonna facesse la correttrice di compiti per casa?
Una nonna un poco (un poco?) assente dal Vostro blog preferito! NR