Vi propongo un ennesimo approfondimento sulla tematica HIV. Si tratta, come spesso in questo blog, di un articolo tratto dalla newsletter Le Scienze, lievemente modificato, senza alterarne il senso, ovviamente.
Buona lettura! NR
immunologia medicina biologia
La proteina che aiuta a
difendersi dall'HIV
Sono i livelli molto elevati
della proteina A3, in specifiche cellule del sistema immunitario, a proteggere
i cosiddetti controller, ovvero soggetti con HIV in cui però l'infezione non
riesce a riprendere il suo corso quando viene interrotta una terapia
antiretrovirale. La scoperta consente di ipotizzare un nuovo approccio
terapeutico che prevede un trattamento precoce in grado, potenzialmente, di
rendere controller ogni persona infettata dall'HIV, proteggendo le riserve di
questa proteina immunitaria difensiva (red)
Medici e ricercatori che si
occupano di HIV li chiamano élite controller, o "controllori di
élite": sono i soggetti che, pur avendo contratto il virus, riescono a
controllarlo a lungo termine, anche senza farmaci antivirali. Un gruppo di
ricerca della Northwestern University, che firma un articolo su PLOS ONE, ha
ora scoperto la seconda "linea di difesa” del sistema immunitario, che
consente a questi soggetti di difendersi dopo che il virus HIV ha superato la
prima, il sistema immunitario adattativo, che non riesce a riconoscerlo quando
muta. Richard D'Aquila, direttore dell'HIV Translational Research Center, della
Northwestern University, ha scoperto che i controller, che sono circa
l'uno per cento del totale dei soggetti infettati dall'HIV, hanno un livello
più elevato di una proteina, denominata APOBEC3G, o A3 per brevità, nelle
cellule T CD4+ di memoria del sistema immunitario, molto tempo dopo che queste
stesse cellule sono state infettate dal virus. Queste cellule sono specifiche
per un dato antigene e possono attivare, in modo estremamente rapido e preciso,
la risposta immunitaria quando l'antigene si ripresenta nell'organismo.
Una
rappresentazione al computer della proteina APOBEC3G (Wikimedia Commons)
La proteina A3 è nota per la
sua capacità di inibire la replicazione di molti retrovirus, cioè dei virus che
usano il processo di trascrittasi inversa, per cui dall'RNA si genera il DNA, e
in particolare dell'HIV. Proprio a questo meccanismo replicativo si deve
l'accumulo di piccoli “errori” che consentono all'HIV di cambiare leggermente
le sue caratteristiche ed eludere parte delle difese immunitarie. L'HIV
appartiene anche al sottogruppo dei lentivirus, cioè dei retrovirus a lenta
incubazione, che hanno però sviluppato una proteina denominata fattore di
infettività del virione (VIF), grazie a cui rendono inefficace l'azione
dell'A3. Le cellule T di memoria hanno una vita media molto lunga e consentono
all'HIV di “nascondersi” e rimanere in uno stato di quiescenza quando un
soggetto è trattato con la terapia antiretrovirale. Quando la terapia è
interrotta, il virus può tornare a propagarsi rapidamente, almeno nella maggior
parte dei pazienti. Nei controller invece l'abbondanza di A3 fa sì che parte di
queste proteine sfuggano all'inattivazione del fattore d'infettività virale, e
il nuovo HIV che si genera da queste cellule non sia in grado d'infettare altre
cellule. Il risultato apre la strada a nuovo approccio terapeutico, che prevede
un trattamento precoce in grado, potenzialmente, di rendere controller ogni
persona infettata dall'HIV, proteggendone le riserve di questa proteina
immunitaria difensiva, con l'obiettivo finale di liberare i pazienti dai
farmaci antiretrovirali. “Preservando, e anche incrementando, questa difesa
nelle cellule si potrebbe prevenire la ripresa dell'infezione a livelli
pericolosi quando s'interrompe la somministrazione di farmaci antiretrovirali”,
spiega D'Aquila. “Preservando la proteina A3 si potrebbe minimizzare la
diffusione dell'HIV, come sembra fare nell'organismo dei controller.”.
(17 ottobre 2013)
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