sabato 12 luglio 2014

proteina A 3

Gentilissimi,
Vi propongo un ennesimo approfondimento sulla tematica HIV. Si tratta, come spesso in questo blog, di un articolo tratto dalla newsletter Le Scienze, lievemente modificato, senza alterarne il senso, ovviamente.
Buona lettura! NR


 immunologia medicina biologia
La proteina che aiuta a difendersi dall'HIV
Sono i livelli molto elevati della proteina A3, in specifiche cellule del sistema immunitario, a proteggere i cosiddetti controller, ovvero soggetti con HIV in cui però l'infezione non riesce a riprendere il suo corso quando viene interrotta una terapia antiretrovirale. La scoperta consente di ipotizzare un nuovo approccio terapeutico che prevede un trattamento precoce in grado, potenzialmente, di rendere controller ogni persona infettata dall'HIV, proteggendo le riserve di questa proteina immunitaria difensiva (red)
Medici e ricercatori che si occupano di HIV li chiamano élite controller, o "controllori di élite": sono i soggetti che, pur avendo contratto il virus, riescono a controllarlo a lungo termine, anche senza farmaci antivirali. Un gruppo di ricerca della Northwestern University, che firma un articolo su PLOS ONE, ha ora scoperto la seconda "linea di difesa” del sistema immunitario, che consente a questi soggetti di difendersi dopo che il virus HIV ha superato la prima, il sistema immunitario adattativo, che non riesce a riconoscerlo quando muta. Richard D'Aquila, direttore dell'HIV Translational Research Center, della Northwestern University, ha scoperto che i controller, che sono circa l'uno per cento del totale dei soggetti infettati dall'HIV, hanno un livello più elevato di una proteina, denominata APOBEC3G, o A3 per brevità, nelle cellule T CD4+ di memoria del sistema immunitario, molto tempo dopo che queste stesse cellule sono state infettate dal virus. Queste cellule sono specifiche per un dato antigene e possono attivare, in modo estremamente rapido e preciso, la risposta immunitaria quando l'antigene si ripresenta nell'organismo. 

Una rappresentazione al computer della proteina APOBEC3G (Wikimedia Commons)
La proteina A3 è nota per la sua capacità di inibire la replicazione di molti retrovirus, cioè dei virus che usano il processo di trascrittasi inversa, per cui dall'RNA si genera il DNA, e in particolare dell'HIV. Proprio a questo meccanismo replicativo si deve l'accumulo di piccoli “errori” che consentono all'HIV di cambiare leggermente le sue caratteristiche ed eludere parte delle difese immunitarie. L'HIV appartiene anche al sottogruppo dei lentivirus, cioè dei retrovirus a lenta incubazione, che hanno però sviluppato una proteina denominata fattore di infettività del virione (VIF), grazie a cui rendono inefficace l'azione dell'A3. Le cellule T di memoria hanno una vita media molto lunga e consentono all'HIV di “nascondersi” e rimanere in uno stato di quiescenza quando un soggetto è trattato con la terapia antiretrovirale. Quando la terapia è interrotta, il virus può tornare a propagarsi rapidamente, almeno nella maggior parte dei pazienti. Nei controller invece l'abbondanza di A3 fa sì che parte di queste proteine sfuggano all'inattivazione del fattore d'infettività virale, e il nuovo HIV che si genera da queste cellule non sia in grado d'infettare altre cellule. Il risultato apre la strada a nuovo approccio terapeutico, che prevede un trattamento precoce in grado, potenzialmente, di rendere controller ogni persona infettata dall'HIV, proteggendone le riserve di questa proteina immunitaria difensiva, con l'obiettivo finale di liberare i pazienti dai farmaci antiretrovirali. “Preservando, e anche incrementando, questa difesa nelle cellule si potrebbe prevenire la ripresa dell'infezione a livelli pericolosi quando s'interrompe la somministrazione di farmaci antiretrovirali”, spiega D'Aquila. “Preservando la proteina A3 si potrebbe minimizzare la diffusione dell'HIV, come sembra fare nell'organismo dei controller.”.

(17 ottobre 2013)

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