lunedì 10 agosto 2015

ancora sull'origine della vita

Gentilissimi,
eccoVi un ulteriore articolo che avvalora la cosiddetta "congettura di Hoyle", o panspermia.
Si tratta di una ipotesi sull'origine della vita che, negli anni '70-'80, ha avuto, almeno dal punto di vista mediatico, un notevole riscontro. Si vedano, come esempio, nella musica le canzoni di David Bowie, o, in Italia, Alan Sorrenti e i suoi Figli delle stelle.
Era detta "congettura" in quanto non avvalorata da esperimenti e, per tanto, non accettata dalla maggior parte degli scienziati. Dalle ultime scoperte di Rosetta è possibile predire che tale congettura ritorni ad essere una "ipotesi". Nell'articolo che Vi propongo, lievemente modificato dalla newsletter Le Scienze, si parla delle molecole prebiotiche e di un "residuo organico", messo in grassetto dalla Vostra nonna, che ricorda, per molti aspetti, la torbidità ottenuta da Miller e Oparin nel famoso esperimento.
Prima di lasciarVi alla lettura di questo interessante articolo, una considerazione:
se l'ipotesi inorganica ha ampliato la possibilità numerica di ottenere molecole organiche autoreplicantesi, forse, spostando tale ipotesi dalla Terra a tutti i pianeti con caratteristiche simili alla Terra presenti nell'universo, tale probabilità aumenterebbe,  e di molto.

biologia spazio astronomia
I mattoni della vita nei ghiacci interstellari
La formazione di aldeidi, composti chimici cruciali per la chimica di base della vita, è stata osservata in laboratorio, riproducendo processi fisici che avvengono nei ghiacci che si trovano nelle nubi molecolari protostellari, da cui hanno origine i pianeti e altri oggetti celesti come comete e asteroidi(red)
I ghiacci interstellari, che si trovano in abbondanza nelle dense nubi molecolari da cui si sono formate le stelle e i sistemi planetari, possono evolvere in composti chimici intermedi, che costituiscono i mattoni elementari della vita. È quanto si legge nelle conclusioni di un nuovo articolo, apparso sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, a firma di Pierre de Marcellus, dell'Università Paris-Sud, a Orsay, in Francia, e colleghi di una collaborazione internazionale, che, in una serie di esperimenti di laboratorio, hanno riprodotto i processi grazie ai quali questi ghiacci evolvono nello spazio interstellare. Secondo lo studio, il materiale, incorporato nei planetesimi, gli oggetti primordiali da cui si sono formati i pianeti, sarebbe una potenziale fonte di chimica prebiotica sui pianeti di tipo terrestre.

Rappresentazione artistica di planetesimi, i nuclei da cui si sviluppano i pianeti, che possono incorporare i mattoni elementari dei composti organici (Cortesia NASA/JPL-Caltech/T. Pyle (SSC))

Le osservazioni astronomiche nel medio infrarosso hanno identificato i ghiacci interstellari come la frazione più abbondante delle dense nubi molecolari che si trovano intorno alle protostelle. La loro composizione è dominata dall'acqua, seguita dal monossido di carbonio, dall'anidride carbonica, dal metanolo, dall'ammoniaca e dal metano.  Tutti questi composti chimici, esposti all'azione di vari processi energetici, come i raggi cosmici (la pioggia di particelle cariche provenienti dallo spazio esterno, per lo più da protoni e nuclei di elio), i raggi ultravioletti e i processi termici, possono dare luogo a specie altamente reattive, quali ioni e radicali, che, a loro volta, in seguito, si possono ricombinare in molecole più complesse. Questa complessità molecolare è difficile da osservare con gli strumenti astrofisici e, in particolare, con la spettroscopia infrarossa. E' per questo che molti laboratori hanno simulato l'evoluzione fotochimica di semplici ghiacci interstellari, che coinvolgono elementi quali carbonio, idrogeno ossigeno e azoto: in seguito al riscaldamento a temperatura ambiente è possibile ottenere la formazione di un residuo organico considerato un analogo della materia protocometaria. Questo tipo di residui mostra una struttura macromolecolare in cui compaiono diversi tipi di composti, come alcoli, amine, amidi, esteri e acidi carbossilici. In particolare, quando gli idrocarburi policicli aromatici presenti nei ghiacci sono irradiati si formano diverse molecole prebiotiche, che costituiscono, cioè, le unità di base dei composti organici, e, quindi, della vita, come gli amminoacidi e i diamminoacidi, l'urea, la glicourea, i precursori dei lipidi e i chinoni. All'appello mancavano però gli aldeidi, scoperti ora da de Marcellus e colleghi in 10 forme diverse, utilizzando sofisticate tecniche di cromatografia e spettrometria. Gli autori hanno sintetizzato in particolare la glicoaldeide e la gliceraldeide, due composti chimici considerati come intermedi prebiotici cruciali nelle prime fasi della sintesi di ribonucleotidi, cioè dei mattoni elementari che costituiscono l'RNA, nell'ambiente protoplanetario. Stando al risultato dell'esperimento, è plausibile ipotizzare che questi composti chimici, presenti all'origine del sistema solare, siano stati successivamente incorporati nei materiali che hanno formato i planetesimi e, da qui, abbiamo potuto dare il via alla chimica prebiotica.
(13 gennaio 2015)


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