venerdì 22 novembre 2013

le impronte di Laetoli

Gentilissimi,
Vi lascio alcuni link sulle orme di Laetoli.
Il video di Eniscuola ha alcune imperfezioni nell'audio. Si tratta di un video semplice e facilmente comprensibile.

video Laetoli

Il wikisito è interessante e preciso, sebbene le immagini lascino a desiderare.


Un articolo scientifico, con belle immagini e ricostruzioni, che riprende la rivista Le Scienze è il seguente:


Ecco una immagine tratta da un altro sito, Pikaia:



VULCANI IN PICCOLO

Gentilissimi,
la Mamma delle Paperelle ha inviato una serie di fotografie relative ad un esperimento "minivulcanico".











Complimenti alla Mamma e alle Paperelle, nonché agli alunni!  NR


giovedì 21 novembre 2013

ulteriore approfondimento sul gusto

Gentilissimi,
sperando, con questo post, di aver esaudito, almeno per ora, le Vostre richieste, Vi lascio ad un ultimo approfondimento, relativo alle connessioni tra gusto e neuroni.
L'articolo è tratto dalla newsletter Le Scienze, modificato solo lievemente e nella impaginazione. Pur non essendo recente, si tratta, comunque, di un articolo interessante. Buona lettura! NR

BIOLOGIA: Su Science 
La mappa cerebrale del gusto

Anche per questo senso esistono specifici circuiti neuronali che elaborano indipendentemente i differenti sapori fondamentali 
La mappa cerebrale del gusto è stata tracciata da scienziati dello Howard Hughes Medical Institute e del NIH, che hanno scoperto che ogni gusto, dal dolce al salato, viene rilevato da una serie unica di neuroni e che i neuroni che rispondono ai gusti specifici sono disposti in modo discreto. La ricerca, pubblicata su Science, ha anche stabilito che quattro dei nostri gusti di base, dolce, amaro, salato e "umami", sono elaborati da zone distinte del cervello. In passato, i ricercatori avevano misurato nel topo l'attività elettrica di piccoli gruppi di neuroni, per vedere quali aree del cervello venissero attivate dai diversi gusti. In questi esperimenti, le aree che rispondevano ai diversi gusti sembravano fondersi, e gli scienziati ne avevano concluso che tutti i neuroni coinvolti elaborassero tutti i gusti in generale. Charles S. Zuker, Nicholas J.P. Ryba e collaboratori si sono però chiesti perché mai i diversi gusti avrebbero dovuto essere trattati dagli stessi neuroni cerebrali, sospettando che, negli esperimenti precedenti, fosse sfuggito qualcosa di essenziale. Sfruttando il fatto che la stimolazione dei recettori per certi sapori suscita nei topi risposte innate, per esempio di ricerca il dolce, l'umami e il salato a bassa concentrazione, e di avversione l'amaro, l'acido e il salato ad alta concentrazione. Grazie a sofisticate tecniche di imaging fotonica, i ricercatori sono riusciti a progettare esperimenti che hanno permesso loro di osservare contemporaneamente l'attività di grandi gruppi di cellule nervose e non solo quella di un numero ridotto di neuroni come negli studi precedenti. In questo modo sono riusciti a tracciare le mappe cerebrali relative ai diversi sapori. "L'idea delle mappe cerebrali era stata confermata per altri sensi," dice Ryba. "Ma in questi casi le mappe cerebrali corrispondono a mappe esterne": diverse frequenze del suono attivano diversi gruppi di neuroni, per esempio. Nel caso dei neuroni uditivi, la mappa è organizzata in base alle frequenze, dalla più bassa alla più alta. I neuroni visivi sono organizzati in un modo che imita il campo visivo percepito dagli occhi. Il gusto invece non mostra alcuna precisa disposizione preesistente al raggiungimento del cervello; inoltre, i recettori per tutti i gusti sono disposti in modo piuttosto casuale su tutta la lingua, osservano i ricercatori, così l'organizzazione spaziale secondo una mappa dei neuroni del gusto è tanto più sorprendente. Dopo aver scoperto queste mappe, ha detto Zuker, i ricercatori vogliono scoprire "come il gusto si combini con altri input sensoriali quali l'olfatto e la consistenza, lo stato interno e la fame e le aspettative, per dare vita a una complessa coreografia di gusto, sapori e comportamenti alimentari.". (gg)
(02 settembre 2011)

altri appunti di ripasso sul sistema nervoso

Gentilissimi,
gli appunti di ripasso sul sistema nervoso, sul blog di Matematica, sono nel mese di novembre 2012.
Vi lascio ora ad un ulteriore approfondimento. L'articolo è tratto, con poche modifiche, dalla newsletter Le Scienze. Buona lettura! NR


percezione visione biologia dello sviluppo neuroscienze
La diversa visione degli uomini e delle donne

                                                               © Ikon Images/Corbis
Le differenze nella concentrazione di recettori per gli ormoni maschili, nelle cellule della corteccia visiva, durante l'embriogenesi, determinano alcune diversità tra sessi nell'architettura percettiva. Le donne eccellono nella discriminazione delle sfumature di tonalità del colore, gli uomini nella capacità di cogliere cambiamenti in stimoli in rapido movimento (red) 
Le donne avrebbero, in generale, una maggiore sensibilità nel discriminare fra le diverse sfumature cromatiche, mentre gli uomini avrebbero una maggiore capacità di cogliere al volo stimoli in rapido movimento. E’ questa la conclusione di uno studio, condotto da ricercatori della City University of New York, illustrata in due articoli, pubblicati su “ BioMed Central Journal of Sex Differences” (Sex & vision I: Spatio-temporal resolution e Sex and vision II: color appearance of monochromatic lights). Questa ricerca si collega con altre che, in passato, hanno osservato differenze di sensibilità in alcuni aspetti della percezione fra donne e uomini. Tuttavia, osservano gli scienziati, gli studi precedenti erano strutturati in modo da non distinguere se le differenze rilevate fossero da attribuire a una differenza nella struttura del sistema visivo o all’influenza dei centri cerebrali cognitivi superiori, che, a loro volta, possono essere condizionati da fattori culturali. Il nuovo studio sembra confermare che alcune differenze andrebbero, in effetti, attribuite a diverse modalità di funzionamento dei centri visivi cerebrali, e questo, osservano gli autori, va presumibilmente imputato al fatto che, in tutta la corteccia cerebrale, ci sono elevate concentrazioni di recettori per gli ormoni sessuali maschili, in particolare nella corteccia visiva. Questi ormoni sono anche responsabili del controllo dello sviluppo dei neuroni nella corteccia visiva durante l'embriogenesi, tanto che, nei maschi, c'è il 25 per cento in più di questi neuroni rispetto alle femmine. A dispetto di ciò, non c’è affatto una supremazia generale degli uomini nella visione, ma una differente distribuzione delle “eccellenze” nella percezione visiva: le donne infatti riescono a percepire un maggior numero di sfumature, soprattutto nella parte centrale dello spettro ottico, e a notare differenze di tonalità in un tempo minore. Questa caratteristica sarebbe legata al fatto che gli esseri umani hanno diversi alleli per le opsine, proteine che formano i fotopigmenti dei coni, e che molte persone ne esprimono più d’uno. Ciò avviene con particolare frequenza nelle donne perché i geni coinvolti si trovano sul cromosoma X. Per contro, nella discriminazione di dettagli fini, come l’orientamento verticale od orizzontale di una serie di aste ravvicinate, e di dettagli in rapido movimento, il tempo necessario a una corretta identificazione degli stimoli è risultato inferiore negli uomini. "Gli elementi della visione che abbiamo misurato”, ha osservato Israel Abramov, che ha diretto lo studio, “sono determinati da input nella corteccia visiva primaria, provenienti dai neuroni del talamo. Dal momento che questi neuroni vengono indirizzati nella corteccia durante l'embriogenesi, ipotizziamo che il testosterone abbia un ruolo importante, determinando, in qualche modo, una connettività diversa nei due sessi. La spinta evolutiva che ha portato a queste differenze è invece meno chiara.".
(06 settembre 2012)

astrattismo e cervello

Gentilissimi,
come promesso eccoVi un approfondimento sulle connessioni tra cervello e organi di senso. Tale articolo mette in relazione la visione di quadri astratti e cervello. L'articolo è tratto dalla newsletter Scienzainrete.
Pur non trattandosi di un articolo particolarmente recente, mi è sembrato, comunque, significativo.
Buona lettura, e buona visione! NR

ARTICOLO SCIENZAINRETE: NEUROSCIENZE
L'arte astratta stimola il cervello L'osservazione di un'opera d'arte, anche se solo statica o di natura astratta, favorisce l'attivazione della corteccia motoria dell'osservazione. E' questo il risultato di uno studio, condotto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze, dell’Università di Parma, e della Columbia University, sulle risposte del cervello alle opere d'arte, concludendo che, nei meccanismi che regolano la visione, un ruolo importante lo gioca anche il sistema motorio. I ricercatori, guidati da Maria Alessandra Umiltà e Vittorio Gallese (Università di Parma) e David Freedberg (professore di Storia dell'arte alla Columbia University), nel laboratorio di elettroencefalografia del Dipartimento di neuroscienze di Parma hanno studiato, in particolare, le risposte del cervello evocate dall'osservazione dei dipinti di Lucio Fontana. La soppressione del ritmo mu, un segno dell’attivazione del sistema motorio corticale, è un dato rilevato dall’osservazione di immagini digitali ad alta risoluzione delle opere d’arte, ma non dall’osservazione di stimoli di controllo. Questo effetto è del tutto indipendente dalla familiarità degli osservatori con gli oggetti osservati. “I nostri risultati”, ha affermato Maria Alessandra Umiltà, “forniscono la prima prova del coinvolgimento del sistema motorio corticale in risposta all’osservazione di opere d’arte astratta statiche, anche in assenza di qualsiasi esplicita rappresentazione di corpo in movimento.”. Si tratta di un altro, ulteriore supporto alle ipotesi sul ruolo del meccanismo dei neuroni specchio nel coinvolgimento degli osservatori con le opere d’arte: simulare il gesto dell’artista costituisce un importante componente della percezione di un’opera d’arte astratta. Lo studio, inoltre, conferma anche l’ipotesi di Gallese e Freedberg, circa il ruolo delle risposte empatiche durante l’osservazione di opere d’arte, che si configurano come modalità di simulazione incarnata (“embodied simulation”), consentendo una comprensione diretta dei contenuti intenzionali ed emotivi delle immagini. E' questa la chiave per capire come e perché le immagini, non solo artistiche, esercitano una forma di "potere" sull'osservatore. “Fattori storici e socio-culturali, ovviamente, svolgono un ruolo preponderante nel mediare le nostre esperienze estetiche ed il nostro rapporto con le opere d’arte”, ha commentato Gallese. Tuttavia, ciò non contraddice “l’importanza di studiare ed approfondire i processi cerebrali che sottendono il nostro coinvolgimento empatico con le opere d’arte.”. Lo studio è stato pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience. (4 dicembre 2012)

cervello, memoria, sinestesia - ripasso

Gentilissimi, eccoVi le date dei post in cui abbiamo parlato degli argomenti del titolo.

6 dicembre 2012
17 dicembre 2012
24 dicembre 2012
23 e 24 gennaio 2013
13 febbraio 2013
20 e 21 marzo 2013
25 e 28 aprile 2013
13 settembre 2013
21 ottobre 2013
1 novembre 2013

Sono presenti pure appunti relativi nel blog http://materdr.blogspot.it
le date di riferimento sono moooolto antiche, quasi come la Vostra nonna. Nonna Rosa
P.S.: Inserirò, se riesco in breve tempo, ulteriori approfondimenti su tali argomenti.



i piedi dei nostri antenati

Gentilissimi, eccoVi un articolo di approfondimento sullo scheletro.
L'articolo è tratto, e lievemente modificato, dalla newsletter Le Scienze. Buona lettura! NR

antropologia paleontologia evoluzione
Lo strano piede dei cugini di Lucy
                                  
© The Cleveland Museum of Natural History. Foto cortesia Yohannes Haile-Selassie 
Il rapporto fra sviluppo dell'andatura bipede ed evoluzione dei nostri antenati non è stato così lineare come finora ipotizzato. La scoperta di nuovi fossili suggerisce che, tra i tre e i quattro milioni di anni fa, nella regione dell'Etiopia in cui viveva Lucy fosse presente più di una specie di ominidi, ciascuna delle quali aveva sviluppato un proprio modo di muoversi (red) 
Il bipedismo è considerato un momento di svolta, determinante nell’indirizzare l’essere umano lungo un cammino evolutivo che lo ha nettamente distinto dal lignaggio degli scimpanzé. Per la ricostruzione dell’evoluzione di questa capacità sono estremamente importanti i reperti fossili relativi alla struttura del piede, che però, purtroppo, sono molto più rari di quelli di altre strutture anatomiche, sia per la loro relativa fragilità sia perché facilmente oggetto di attenzione di predatori, sia ancora per peculiarità intrinseche dei processi di fossilizzazione. La recente scoperta di reperti di ossa del piede di un ominide dell’Africa orientale, da parte di ricercatori del Cleveland Museum of Natural History, della Case Western Reserve University e dell’Università di Addis Abeba, riveste quindi un particolare significato nella ricostruzione di questa storia.
                                             
© The Cleveland Museum of Natural History. Foto cortesia Yohannes Haile-Selassie 
Come illustrato in un articolo, pubblicato su “Nature”, a prima firma di Yohannes Haile-Selassie, l’importanza è ulteriormente aumentata dal fatto che la scoperta indica che, all’inizio del tardo Pliocene, circa 3,4 milioni di anni fa, esistevano specie di ominini il cui adattamento alla locomozione differiva da quello del contemporaneo Australopithecus afarensis, la specie cui apparteneva la famosa Lucy, il cui piede è, invece, sostanzialmente confrontabile con quello dell’uomo moderno.


Confronto fra la struttura del metatarso del piede destro nel gorilla e nell'uomo. 
(Cortesia Y. Haile-Selassie / Nature)
I piedi umani sono notevolmente diversi da quelli delle grandi scimmie sotto vari aspetti: per le lunghezze relative delle dita, per la presenza di un calcagno strutturato, utile a colpire con forza la terra quando si cammina, per la posizione dell’alluce e la presenza di un arco ben sviluppato, che irrigidisce la metà del piede e trasferisce il peso verso la base dell'alluce. Molte di queste caratteristiche distintive sono presenti anche nelle ossa del piede di reperti appartenenti a diverse specie di Australopithecus, vissute fra 4,4 e 3,1 milioni di anni fa. La carenza di fossili di piedi più antichi aveva indotto a ritenere che il piede simile a quello umano avesse fortemente diretto l’evoluzione dei primi ominidi, consentendo loro una vera camminata bipede, sia pure presente insieme ad alcune caratteristiche ancestrali. Il piede fossile riportato alla luce, e studiato da Haile-Selassie, indica che l’evoluzione dei primi ominidi non è stata così lineare come ritenuto finora: da un lato, sono evidenti caratteri che lo avvicinano a quello del più antico Ardipithecus, in particolare con la presenza di un alluce divergente, dall’altro esso presenta strutture tipiche di ominidi successivi, che indicano un buon adattamento al bipedismo. Il fossile è stato scoperto a Burtele, nella regione etiope dell'Afar, e comprende otto ossa, tutte appartenenti alla metà anteriore di un piede destro. Haile-Selassie e colleghi non hanno ancora assegnato il reperto a una particolare specie, dato che, per effettuare una valutazione affidabile, è necessario il ritrovamento di un maggior numero di reperti fossili, ma le somiglianze con A. ramidus fanno sospettare che nella regione, oltre ad A. afarensis, si aggirassero anche altri ominidi capaci sia di camminare sia di arrampicarsi sugli alberi.
(28 marzo 2012)



materiale di ripasso sullo scheletro

Gentilissimi, avete chiesto, di nuovo, materiale per approfondire e/o ripassare l'argomento "Scheletro".
Si tratta di un argomento che, in passato, abbiamo affrontato. EccoVi le date dei post relativi. Se ancora non fossero sufficienti, inviate commenti e provvederò ad ulteriori post.
Per ora riguardateVi i post alle seguenti date:
30 novembre 2012
8 dicembre 2012
16 gennaio 2013
27 febbraio 2013
17 - 19 - 23 - 31 ottobre 2013

Buon ripasso! NR

sabato 2 novembre 2013

un nuovo tipo di riproduzione nei batteri: la DCT

Gentilissimi,
Vi lascio alla lettura di un articolo con interessanti novità sulla riproduzione nei batteri. L'articolo è tratto e modificato, per una più semplice lettura, dalla newsletter Le Scienze.

microbiologia genetica riproduzione
Il meglio della riproduzione asessuata e di quella sessuata 
Scoperto uno scambio di materiale genetico tra batteri diversi della stessa specie, battezzato trasferimento distributivo per coniugazione, una via di mezzo tra riproduzione asessuata e sessuata. Questo scambio permette di ottenere una nuova generazione di cellule con caratteristiche miste rispetto ai genitori che, se favorevoli per un determinato ambiente, possono dare origine a un nuovo ceppo batterico (red) 
È stata battezzato trasferimento distributivo per coniugazione (Distributive Conjugal Transfer), un nuovo processo per scambiarsi geni usato da alcuni micobatteri e descritto da Todd A. Gray e colleghi del Wadsworth Center, del New York State Department of Health, ad Albany, che firmano un articolo sulla rivista “PLOS Biology”. La sua peculiarità consiste nell'essere una via di mezzo tra la riproduzione asessuata e quella sessuata, riuscendo però a ottenere il meglio delle due. La riproduzione sessuata favorisce lo scambio di geni tra gli individui di una popolazione. A sua volta, questo scambio permette di eliminare geni poco favorevoli per la sopravvivenza in un certo ambiente e l'acquisizione di geni con funzionalità nuove. Nei batteri invece la riproduzione è asessuata: i nuovi individui sono generati dalla divisione di una cellula batterica. In questo modo, la progenie eredita lo stesso corredo genetico del genitore. Anche questo tipo di riproduzione è molto efficiente, da un certo punto di vista: poiché prescinde dall'accoppiamento, può avvenire semplicemente quando l'individuo è pronto, permettendo di colonizzare rapidamente una nicchia ecologica favorevole. Non essendoci però lo scambio di geni, le mutazioni tendono ad accumularsi, con esiti nefasti per la sopravvivenza, soprattutto quando cambiano le condizioni ambientali. In quest'ultimo studio, grazie a una tecnica di mappatura genica simile a quella usata per studiare gli organismi a riproduzione sessuata, Gray e colleghi hanno studiato il batterio Mycobacterium smegmatis, scoprendo che, in questa specie, diversi frammenti di DNA vengono trasferiti simultaneamente da un ceppo donatore a un ceppo ricevente, dando vita a nuovi batteri, l'uno diverso dall'altro, il cui genoma è un miscuglio di quello dei “genitori”. Questo mosaico genetico va molto al di là del semplice "scambio orizzontale" di geni, già osservato in molti batteri e consente una variabilità sull'intero genoma, simile a quella della riproduzione sessuata. Se la nuova combinazione di varianti genetiche è favorevole alla vita nell'ambiente in cui si trova, il batterio va rapidamente incontro a un divisione asessuata, e, per successive divisioni, a nuovo ceppo. L'analisi genetica ha permesso anche di rilevare, su circa 7000 geni del genoma del micobatterio, una regione di soli sei geni che sembra la chiave per determinare se un ceppo micobatterico sarà un donatore o un ricevente, al momento dello scambio. Il risultato dello studio ha importanti ripercussioni per la comprensione dell'evoluzione di altre specie di micobatteri, tra cui quelli che causano la tubercolosi: grazie al trasferimento coniugativo, si comprende come siano potuti emergere ceppi particolarmente adatti a crescere nei polmoni dei mammiferi.
(10 luglio 2013)

venerdì 1 novembre 2013

i neuroni della corsa e della marcia

Gentilissimi, Vi lascio in lettura un articolo sulle relazioni tra neuroni e corsa. L'articolo è tratto e lievemente modificato dalla newsletter Le Scienze. Buona lettura! E una domanda: che connessioni avrà Bolt? Sicuramente non quelle della Vostra nonna preferita. NR

neuroscienze fisiologia animali
Correre e camminare, movimenti controllati da reti neuronali diverse
                                                     © Tetra Images/Tetra Images/Corbis
La capacità di coordinare il movimento alternato degli arti del lato destro e sinistro è controllata da due differenti popolazioni di neuroni del midollo spinale. Una popolazione coordina i movimenti a bassa velocità, l'altra agisce quando la frequenza dei passi è elevata. Se ciascuna di queste popolazioni viene disattivata, alla corrispondente velocità subentra un'andatura a balzi, come quella osservata nei conigli (red)
Il corretto coordinamento muscolare durante la corsa è assicurato da gruppi di neuroni differenti da quelli che intervengono quando si cammina. A questa inaspettata scoperta è arrivato un gruppo di neuroscienziati del Karolinska Institut, che firma un articolo pubblicato su “Nature”. La grande maggioranza degli animali terrestri cammina o corre alternando gli arti di destra e di sinistra, secondo svariati schemi motori specifici. Solo un numero ridotto, per esempio i conigli, muovono entrambe le coppie di arti contemporaneamente, realizzando un'andatura a salti. A controllare l'attivazione coordinata bilaterale dei muscoli sono reti di neuroni spinali, in particolare i neuroni commissurali, che determinano lo schema del passo, attraverso l'attivazione sequenziale di gruppi di motoneuroni, ora su un lato del corpo ora sull'altro. Tuttavia, come avvenisse, nello specifico, questa alternanza era poco chiaro. Per andare a fondo alla questione, Adolf Talpalar e colleghi sono ricorsi a un gruppo di topi, geneticamente ingegnerizzati in modo da generare diverse linee di roditori in cui non fossero attivi i neuroni commissurali del midollo spinale, che sono divisi in neuroni di tipo eccitatorio e di tipo inibitorio.

                                                  © Doug Lindstrand/AlaskaStock/Corbis
"In passato era stato ipotizzato che un unico specifico gruppo di cellule nervose controllasse l'alternanza destra sinistra", dice Kiehn Ole, che ha partecipato allo studio. "E' stato quindi molto interessante scoprire che, in realtà, sono coinvolte due popolazioni neuronali specifiche, che, per di più, controllano aspetti diversi della coordinazione degli arti.". In particolare, uno dei due gruppi di neuroni controlla l'andatura alternata a basse velocità, mentre l'altra popolazione è impegnata quando l'animale si muove più velocemente. Il silenziamento selettivo dei neuroni commissurali inibitori porta a un'assenza dello schema di alternanza sinistra-destra alle basse frequenze, determinando così un'andatura a piccoli saltelli, mentre, a frequenze medie, si ottiene un parziale recupero della coordinazione, che, a frequenze elevate, torna a essere corretta. Se invece sono inattivati i neuroni eccitatori, l'alternanza destra-sinistra è presente a basse frequenze, mentre il procedere a saltelli è limitato alle frequenze locomotorie medie e alte. Se infine vengono silenziati entrambi i gruppi, il roditore assume, a tutte le velocità, un'andatura simile a quella del coniglio.
(03 luglio 2013)